Immagine - didascalia: Georges De La Tour: Il sogno di Giuseppe -
Se vivi su un'isola, fai amicizia col mare
Yitzhak Rabin
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 1,16.18-21.24)
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
Mi lascio ispirare
Lo scenario in cui incontriamo la figura di Giuseppe è tanto terribile quanto delicato: si trova in mezzo a una situazione scomoda e fastidiosa, sicuramente non scelta. È facile perdere la testa in questi frangenti e fare delle cose sconsiderate, accecati dall’orgoglio, dalla vendetta, dal farsi valere. Ci si sente in diritto di usare violenza, di reagire in malo-modo. Ma che cosa significa comportarsi “da uomo” in questa situazione?
Due le strade: o mi comporto da “maschio” ferito nell’onore e allora mi sento in diritto di restituire quello che ho ricevuto, non per cattiveria, ma per salvare la faccia. Faccio valere il mio orgoglio istintuale che mi si presenta come unica via per recuperare un briciolo della perduta dignità. Oriento la mia energia nell’aggressività, non necessariamente manesca, ma pur sempre violenta.
Oppure, scelgo la via del rimanere umano: la Scrittura lo rende con l’essere “giusto”. Rimanere umano significa non rinunciare ad attingere al dono della libertà che ci svincola dagli istinti animaleschi. Un dono impegnativo, che ci rende si, vulnerabili perché più esposti, ma nello stesso tempo anche signori del creato. E di noi stessi.
Giuseppe sceglie come stare dentro questa situazione. Non la subisce, non si ribella. Esercita la sua libertà. Usa la sua intelligenza per custodire il bene che vuole a Maria. Forse gli è costato molto, probabilmente lo ha fatto a denti stretti, lottando con la parte violenta di se. Ma è rimasto uomo. Umano. Con quell’atto di libertà, ha abbracciato la realtà senza giudicarla e paradossalmente, ne è diventato protagonista. Nel sogno riceve la conferma da Dio del suo essere giusto. E in quel preciso istante, Giuseppe diventa padre di Gesù, chiamato il Cristo.
Analogamente, per noi oggi, nella situazione che viviamo, i nostri progetti di vita sono sconvolti, così come è capitato a Giuseppe. Come lui, anche noi abbiamo l’opportunità di diventare signori della nostra storia, a partire da come decidiamo di abitarla. Riflettere su come stiamo abitando questa situazione è già un atto di libertà che esercitiamo consapevolmente.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In che modo obbedire a norme che restringono la nostra libertà mi restituisce la consapevolezza di essere libero?
Questo modo di vivere - che non è la nostra solita quotidianità – cosa ci sta facendo (ri)scoprire della nostra umanità?
In Italia, come collettività segregata in casa e isolata, quali segni dicono il nostro modo originale di umanizzare questa situazione?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
19
Marzo
2020
Padre di Gesù, signore della situazione
commento di Mt 1,16.18-21.24, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ