Jeremy Bishop on Unsplash -
Non posso perdonarmi. Non posso farmi sentire amato. Da solo non riesco a lasciare il mondo del mio sdegno. Non posso recarmi a casa da solo né posso fare comunione per conto mio. Posso desiderare, sperare, aspettare tutto questo, sì, e pregare per ottenerlo. Ma la mia vera libertà non posso fabbricarmela. Mi deve essere data.
Henri Nouwen
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Mi lascio ispirare
I figli perduti sono due. Ma anche il padre è perduto, perduto perché i suoi figli hanno un’immagine distorta del suo essere padre. Il più giovane nella sua insofferenza decide di recidere questo legame che gli sta stretto, decide di fare a meno di un padre che non riconosce, e chiede la sua parte di eredità, praticamente augurandogli la morte.
Piuttosto che saperlo diviso, che costringerlo a restare, il padre decide di dividere, di spezzare tutto quello che ha e di consegnarlo alla sua fame. Di fronte all’amara scoperta che non ci si può sfamare da soli decidiamo di tornare a casa e l’abbraccio inatteso del padre arriva come il solo luogo che ci può ricomporre nel profondo delle nostre viscere.
A volte, però, anche chi non lascia mai la casa del padre si trova lontano e perduto. Nei nostri momenti di buio, di risentimento, di stanchezza, quelli in cui è più forte la voce che alimenta le nostre paure, finiamo per credere di essere stati dimenticati. Il dubbio che questo padre che in fondo ancora non conosciamo non farebbe lo stesso per noi diventa una voragine di rabbia e di dolore insostenibile.
La paura di non essere amati ci spinge a non lasciare al padre il potere di farci sentire così e preferiamo non farci trovare più, lasciare il posto in cui ci si aspetta che restiamo. E, con il gesto più libero che abbia mai fatto, il fratello maggiore, che non ha mai chiesto nulla, confessa il suo bisogno di essere amato allo stesso modo, e si arrende alla ricchezza umana del suo limite, come se stesse dicendo al padre “vienimi a cercare, anch’io voglio essere trovato”.
E Lui viene a cercarci e ci chiama figli, ci invita a rallegrarci e a ringraziare con Lui.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Di quale libertà sei geloso al punto da tenerne fuori anche chi ami?
Di cosa avresti veramente bisogno in questo momento?
Dove vorresti essere atteso o trovato?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Marzo
2020
Vieni a cercarmi
commento di Lc 15,1-3.11-32, a cura di Caterina Bruno