Vasily Kandinsky, Cerchi in un cerchio -
Non finiremo mai di cercare. E la fine della nostra ricerca sarà l’arrivare al punto da cui siamo partiti e il conoscere quel luogo per la prima volta.
Thomas Stearn Eliot
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 1, 35-42)
In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Mi lascio ispirare
Curiosamente nel Vangelo di Giovanni le prime parole di Gesù sono una domanda. Si rivolge a due uomini che stanno valutando se seguirlo oppure no. Possiamo immaginare il loro sguardo chiaro e trasparente, forse interrogativo. Gli occhi contengono un’attesa, una speranza. A loro Gesù si rivolge e pone una domanda, non un insegnamento, né una preghiera, né un’affermazione. È la più semplice delle domande ed è quella che silenziosamente, a volte inavvertita, sta sotto le tante scelte che compiamo. Il Signore chiede: “che cosa cercate?”.
Quante volte ci capita di ritrovarci a fine giornata stanchi e disorientati: le attività svolte, gli incontri vissuti, gli impegni fedelmente portati a termine, i dialoghi, le telefonate ricevute, i messaggi inviati, nei luoghi di lavoro, negli ambienti di studio, tra amici e parenti hanno riempito le ore del giorno. A volte sembra che tutta questa intensità, invece di ricondurci a un centro unitario, ci disperda e ci spinga con un movimento centrifugo fuori di noi.
Che cosa cerchiamo? Che cosa desideriamo nel profondo? La domanda di Gesù ai discepoli si rivolge a quel centro da cui sgorga energia e vita. Il Signore, progetto di amore e di vita del Padre, fatto carne e sangue, storia e incontro, lì pone lo sguardo e ci chiede ancora una volta oggi “che cosa cercate?”. Lo fa nel suo stile, rispettoso della libertà e delle scelte compiute, delicato e attento a valorizzare ciò che portiamo dentro il nostro cuore, perché la risposta dobbiamo darla noi, possiamo darla solo noi.
Questa domanda cade all’inizio dell’anno, provvidenzialmente in quello scorcio di giorni in cui ciascuno di noi già spontaneamente, dopo aver tratto un bilancio dell’anno trascorso, guarda con speranza e fiducia ai mesi a venire, abbozza progetti, coglie intuizioni, medita a come trasformare i desideri in azione.
Che cosa cercate, dunque?
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Che cosa cerchi?
In quali luoghi quali il Signore ti sta chiamando?
Per cosa il Signore ti sta chiedendo occhi nuovi?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
4
Gennaio
2020
La prima domanda
commento di Gv 1, 35-42, a cura di Diego Mattei SJ