Ph. Caterina Bruno -
The words of the prophets are written on the subway walls and tenement halls.
Le parole dei profeti sono scritte sui muri delle metropolitane e sui muri delle case popolari
Paul Simon, The Sound of Silence
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 17,10-13)
Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?». Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro». Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.
Mi lascio ispirare
Giovanni Battista è voce di uno che grida nel deserto. Un uomo che ha consegnato la voce di Dio agli altri e che è stato messo a tacere con violenza perché chiedere la conversione suona come un insulto. Pensiamo per un momento a tutte le volte in cui ci hanno intimato di stare zitti perché le nostre parole suonavano scomode, o toccavano ferite, a tutte quelle volte in cui “hanno fatto di noi quello che hanno voluto” perché ci siamo rifiutati di recitare il copione che ci volevano imporre, oppure al contrario a tutte quelle volte in cui ci è mancato il coraggio e siamo rimasti in silenzio. Pensiamo a tutte le volte in cui abbiamo preferito ignorare una voce, deriderla.
Il profeta è un uomo che presta la sua voce a Dio, che ha il coraggio di trasmettere con fedeltà la Parola, anche se questa consegna gli costa l’indifferenza, l’incomprensione, la vita. Ci si aspettava un messaggero potente, capace di grandi cose, ma Gesù con quel “Non l’hanno riconosciuto”, ci confonde e ci imbarazza: ma come, è già venuto? E noi dove eravamo, non stavamo ascoltando, eravamo distratti? Non abbiamo capito che quella voce spezzata è essa stessa profezia, presagio di sofferenza per Gesù.
Di certo non si aspettavano un profeta così, imprigionato e condannato a morte, a cui tagliano la testa, sconfitto dal potere a cui non aveva voluto sottomettersi. Cosa farsene di un profeta che non ha voce, che è messo in condizioni di non poter più essere voce per Dio? Eppure è proprio quel martirio, quella testimonianza macchiata di sangue, che ci parla del modo in cui Gesù ha scelto di dare la vita, della decisione che ha appena maturato sul monte Tabor, si è riconosciuto in una Parola spezzata e in un tempo di violenza, lascia che facciano di lui quello che vogliono.
Per quanto ci provino, non si può rendere innocuo l’amore, l’eco del suo grido di consegna arriva fino a noi dall’alto della croce.
Caterina Bruno
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come puoi impiegare la tua voce oggi?
In quali luoghi inaspettati hai sentito la presenza di Dio?
C’è una parola in cui ti riconosci?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Dicembre
2019
Una voce inattesa
commento di Mt 17,10-13, a cura di Rete Loyola (Bologna)