- Frida Kahlo, VIva la vida
Il tuo nome è inciso nel mio cuore come la più profonda delle cicatrici.
M.
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 13,1-9)
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Mi lascio ispirare
Gesù viene interpellato riguardo degli eventi di cronaca del suo tempo: la morte violenta di alcuni Galilei per mano di Pilato. Gesù accosta questo episodio di evidente ingiustizia a una catastrofe – accostamento che può sembrarci quasi irrazionale. Ma Gesù sembra voglia metterci davanti a una domanda ben precisa: cos’è per noi un fatto doloroso?
Messi davanti a un dolore inspiegabile – magari una morte, violenta e inaspettata – vediamo cadere tutte le nostre certezze faticosamente costruite, non possiamo che percepire i limiti della nostra ragione.
Ma davanti a una tale ingiustizia possiamo o continuare a porci delle domande di senso, rischiando di scontrarci costantemente contro un muro, oppure provare a capovolgere queste domande: a cosa mi chiama la vita? In che modo posso io lasciarmi convertire da questo fatto inspiegabile?
Gesù ci invita a entrare in un meccanismo di conversione. Anche nelle cose più inspiegabili è fondamentale crescere, ritornare a volgere lo sguardo all’origine, a Cristo che ci sta chiedendo di rispondere agli eventi non con la ragione ma con tutta la nostra vita: gli eventi non sono vicende da subire, ma possibilità di vivere la vita come un invito alla carità. Così scopriamo che il nostro desiderio più profondo non è che di essere amati, di consumarci nell’amore.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono i luoghi di morte in cui sento che il Signore mi concede un’altra possibilità?
Quali eventi hanno fatto emergere in me l’urgenza di una conversione del mio cuore?
Quali sono le priorità della mia vita? In fondo in fondo cosa conta per me?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
26
Ottobre
2019
A cosa mi chiama la vita?
commento di Lc 13,1-9, a cura di Pietre Vive (Roma)