-
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Italo Calvino, Le città invisibili
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 12, 35-38)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».
Mi lascio ispirare
Sei pronta? Sei pronto? Prima di un esame, prima di un colloquio di lavoro, prima di una partenza, prima di uscire: quante volte ci hanno fatto questa domanda? Oppure il suo contrario, quando siamo ancora in alto mare: “ma come, non sei ancora pronta?”. Essere pronte e pronti sembra quello che tutti ci chiedono. Eppure quante volte, soprattutto davanti a situazioni difficili o inaspettate, non ci sentiamo pronti?
Se però quella di non sentirsi pronte/i diventa una costante, se la vita ci sembra fatta continuamente di sfide insormontabili, se non ci sentiamo mai all’altezza, il rischio può essere quello di ritirarsi nel guscio dell’insicurezza, rifiutando le situazioni complicate che dobbiamo affrontare, cercando di andare avanti nella stretta sopravvivenza e aspettando che la notte passi.
Oppure, possiamo voler essere perfettamente pronti prima di misurarci con qualsiasi cosa, rimandando così la vita vera, la vita piena, a un ipotetico momento futuro (e forse impossibile) in cui non ci saranno difficoltà, e in cui saremo completamente sicuri di quello che stiamo facendo e ben preparati a farlo.
Gesù ci invita ad essere pronti in una maniera diversa, senza l’angoscia del fallimento, senza l’ansia della prova da superare. Essere pronte, essere pronti, è sapere accogliere la vita che arriva anche nella notte: nella propria stanchezza, nel dolore, nei limiti e nelle debolezze che ciascuno ha.
È solo da questa porta, lasciata aperta anche nell’oscurità, che si può riconoscere lo Sposo che si avvicina, e lasciarlo entrare. È solo da questa porta che, forse per stanchezza o forse per paura di tenere aperta, possiamo scoprire che nonostante tutto la vita arriva: noi che pensavamo di esserne i servi, condannati ad aspettare in piedi nelle tenebre, ci ritroviamo dunque ad essere serviti, seduti con gioia al banchetto della festa.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali situazioni, quali spazi di vita sto evitando o rifiutando perché non mi sento pronta/o, non mi
sento all’altezza?
Dove riesco a riconoscere la vita che arriva, anche in mezzo all’oscurità?
Rispetto a cosa non riesco ad essere sveglio, a vigilare, e sto invece chiudendo la porta?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Ottobre
2019
La vita che arriva nella notte
commento di Lc 12, 35-38, a cura di Rete Loyola (Bologna)