Ph. Verena M. -
Accogliere, comprendere, custodire, medicare, consolare. È così che si diventa belli. A immagine e somiglianza di Dio.
Don Cristiano Mauri
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 16,13-23)
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Mi lascio ispirare
“Tu sei” è un duplice riconoscimento: Pietro si avvicina a Gesù e lo indica come il Cristo, e il Signore lo chiama beato e lo indica come il custode delle chiavi del regno dei cieli. Quella di Pietro è una professione di fede genuina, semplice, scaturita dall’intimità dell’incontro e della vita passo a passo con Gesù.
Nella familiarità dei rapporti cresce il bisogno di sincerità, di verità. Non sempre però dall’altro riceviamo ciò che ci aspettiamo: ci sono alcune cose che, magari proprio in virtù di tale intimità, ci stanno strette, ci rendono inquieti; non capiamo. Volgiamo lo sguardo su noi stessi e ci dimentichiamo che essere custodi non significa essere proprietari.
Chiediamo al Papà celeste di insegnarci l’umiltà e accrescere la nostra fede, perché impariamo a guardare il fratello con veri occhi d’amore, e ad accogliere Gesù nella nostra vita con semplicità, senza egoistiche aspettative illusorie.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quanto fatico nel mettere da parte le mie aspettative per aprirmi all’accoglienza autentica dell’altro?
Sento la chiamata del Signore per qualche responsabilità che non comprendo?
Cosa risponderei, al posto di Pietro?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
8
Agosto
2019
Legami liberanti: custodi, non proprietari
commento di Mt 16,13-23, a cura di Marco Ruggiero