Masolino, Masaccio, Cristo dal Tributo della cappella Brancacci -
Il tuo sguardo più leggero
facilmente mi schiude,
sebbene io abbia chiuso me stesso
come un pugno.
Edward Estlin Cummings
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 10,1-7)
In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».
Mi lascio ispirare
Gesù chiama a sé i Dodici. Immagino il suo sguardo su ciascuno di loro in questo momento: una mano sulla spalla, lo sguardo accogliente che mette al sicuro e infonde fiducia. Occhi negli occhi. Occhi che chiamano ciascuno dei Dodici, occhi che chiamano anche me. Si dice che il viso di una persona arrivi ad assomigliare a quello di colui o colei che contempla di più. Questa familiarità con Gesù è ciò che rende capace i Dodici, e noi con loro, di prendersi cura (guarire) delle malattie interiori e corporali degli altri. Guardando a Lui, stando con Lui, impariamo ad avvicinarci al dolore degli altri, ad accoglierlo, a curarlo. Di certo i Dodici non sono diventati dei maghi provetti che compivano miracoli allo schioccare delle dita, né noi siamo chiamati a diventarlo. Chiamati per nome.
Gesù chiama per nome, segno di una relazione personale con ciascuno dei suoi che conosce e ama personalmente. A noi però, questi nomi sono consegnati a coppie, segno di una chiamata a vivere la fraternità. Contemplo questa chiamata alla fraternità. In alcuni casi inscritta in un legame di sangue, in altri casi inscritta nell’appartenenza alla stessa provenienza culturale (discepoli giudei osservanti o discepoli vicini al mondo pagano, come Filippo, il cui nome è greco), ma soprattutto inscritta nella necessità di accogliere le differenze (tra i Dodici compare un cananeo, un pubblicano,…).
Proprio a questi Dodici viene chiesto di essere testimoni che «il regno dei cieli è vicino», annunciando, predicando, ma soprattutto strada facendo, cioè camminando insieme sotto lo sguardo di tutti, condividendo, affidandosi l’un l’altro, accogliendo le persone incontrate.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quale occasione ho accolto e gustato lo sguardo di Gesù su di me?
Come il suo sguardo su di me mi permette di vedere il mio vicino come un fratello?
In quali realtà concrete, oggi, sono inviata/o a vivere la fraternità come luogo di annuncio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Luglio
2019
Occhi negli occhi
commento di Mt 10,1-7, a cura di Lorena Armiento s.a.