- Patrons take in a modern dance performance at the Rothko Chapel, 1979. Photo by Henry Groskinsky / Getty Images
Oh, ti ho sempre deluso,
Oh, I always let you down,
sei distrutto a terra,
you’re shattered on the ground,
ma ancora ti trovo lì,
but still I find you there,
vicino a me.
next to me.
Imagine Dragons
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 16,13-19)
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Mi lascio ispirare
Riparte tutto da un cuore spezzato, quello che siamo va riconosciuto tra le parole del mondo, di cui facciamo parte, quindi anche le nostre. Una riserva che si mantiene comunque con il Padre, la storia della cacciata – il rifiuto, la condizione – la fatica e la promessa – la pace/felicità: il ritorno.
Eppure ci siamo vergognati di quello che siamo, questo ci ha abbagliato più del volto del Padre, la bellezza del creato. La crisi di identità di Gesù è legittima, come la tua, la mia e quella di tutti gli altri. Da una verità oggettiva data dall “gente” a una verità soggettiva, affettiva, che completa un quadro da contemplare, non da soli.
La verità di noi stessi la fa quello che diciamo del resto, di conseguenza quello che facciamo, ma prima di tutto la vita da cui proveniamo, come la viviamo, quanto la doniamo… la distanza della frattura del cuore.
Tutto parte da un cuore spezzato, per questo ci voleva qualcuno che ci ricordasse che una ferita può essere unta: il Cristo, il ferito, l’Unto. Il balsamo sgorga dalla sua ferita (che è anche la nostra), dal doverci allontanare per ritornare.
La buona notizia su quello che siamo giunge allora nell’altra faccia della medaglia: il colpevole, il profeta, la vittima o l’amato? Solo l’amato ci dice la verità di chi siamo; ci lasciamo ungere nella misura in cui ci contaminiamo d’amore, di bellezza, di verità.
Alla fine il seme rimane: la parola che doniamo, quello che facciamo in base ad essa, quella che ascoltiamo e conserviamo nel cuore.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Cosa conservo nel cuore?
Quando il rifiuto ha creato in me la fatica di comprendere la promessa?
Quale ferita offro ad un’alleanza rinnovata, ad uno sguardo di comprensione essenziale e accurata?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
29
Giugno
2019
Evoluzione della mela
commento di Mt 16,13-19, a cura di Mounira Abdelhamid Serra