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I due giorni più importanti nella tua vita sono il giorno in cui nasci e il giorno in cui scopri il perché sei nato.
Mark Twain
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 19,25-34)
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.
Mi lascio ispirare
La scena evangelica ci viene dipinta davanti come una situazione dove sta per avvenire un parto: ci sono delle donne intorno pronte a sostenere la partoriente e ci sono le parole di Gesù che sanciscono il momento della nascita: «ecco tuo figlio… ecco tua madre» . Giovanni ci invita a guardare una scena di morte come il momento decisivo in cui l’uomo nuovo, il credente, viene alla luce. C’è dolore, sì, ma è dolore che culmina nella gioia perché una nuova creatura è venuta nel mondo. La croce da simbolo terribile di morte diventa simbolo traboccante di vita, nuovo inizio per una nuova umanità.
Ci sono nella nostra vita delle morti necessarie da attraversare. Ogni persona, nel rileggere la propria storia non può fare a meno di notarlo. È la struttura stessa della realtà che continuamente patisce, perisce e si rigenera. Per quanto difficile e impegnativo sia passare in mezzo al momento cruciale, il nostro cuore sa riconoscere la novità inscritta in ogni morte. Ogni volta è una spogliazione che ci libera da ciò che prima ritenevamo necessario per vivere. Ogni morte non toglie qualcosa di importante alla nostra vita: rivela piuttosto i nostri attaccamenti traballanti e ci fa diventare consapevoli dell’amore che possiamo liberare o trattenere: ogni morte è un momento di verità che rivela la qualità del nostro vivere.
L’uomo nuovo nasce da un gesto di gratuità vissuto fino in fondo. La definitività che Gesù imprime al suo donarsi attraverso la morte apre le porte a noi per poter vivere la nostra pienezza di vita. Perché proprio nel suo ultimo morire, Gesù realizza il massimo del suo essere-per-gli-altri. E così ci mostra in modo evidente che la morte non è la fine della propria vita, bensì l’occasione di viverla fino in fondo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono le morti che stai attraversando in questo momento?
Cosa ti sembra di perdere?
Cosa la perdita sta rivelando di te e della tua qualità di vita?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Giugno
2019
La nascita della nuova umanità
commento di Gv 19,25-34, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ