La parabola di Gesù mantiene tutta la sua carica di enigmaticità, lascia all'ascoltatore il compito di comprenderla, lo interpella e lo costringe a interrogarsi, lo coinvolge in prima persona e lo impegna alla ricerca del senso.
Carlo Maria Martini
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 13,10-17)
In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».
Mi lascio ispirare
Il regno di Dio non è un’idea o un concetto. E’ piuttosto un’esperienza che coinvolge e sconvolge. Coinvolge perché ti ci ritrovi dentro senza quasi accorgertene; sconvolge perché ti costringe a mettere in discussione la visione del mondo così come l’hai avuta sinora. L’esperienza del regno di Dio che irrompe nella realtà ti fa percepire che il vangelo è veramente la buona notizia che stavi aspettando.
Gesù usa le parabole per introdurre i suoi interlocutori a questa esperienza. Più che un racconto, la parabola è una modalità di relazione: solo Gesù parla in parabole. I suoi discepoli, dopo la sua resurrezione, compiranno gli stessi gesti di accoglienza, guarigione e misericordia, ma non racconteranno parabole. Le parabole sono molto di più di una favoletta a sfondo moralistico che dicono come dovrei comportarmi se voglio essere un buon cristiano. Sono un vero e proprio luogo di rivelazione: Gesù prepara i suoi interlocutori ad accogliere la novità che accadrà di lì a poco con la sua morte e la sua risurrezione. Le parabole creano uno spazio di sospensione, uno spiazzamento a partire dal quale ciascuno può collocarsi per contemplare il mistero della salvezza che avverrà sulla croce. A chi non è mai capitato di ascoltare una parabola e rimanere perplesso sul suo significato perché i conti non tornano mai? Ecco perché la gente guarda ma non vede, ascolta ma non comprende: quello spazio è l’ingresso al regno, dove il cuore, trovandosi sospeso e incerto, comincia a sbilanciarsi verso una logica nuova.
Il contenuto della parabola ha quasi sempre un sapore escatologico: come un’antenna, aiuta a mettere a fuoco cosa succederà alla fine dei tempi, a partire dalle diverse dis-percezioni della figura di Dio che ci portiamo dentro e che condizionano inesorabilmente il nostro copione di vita. Non è un caso che i principali interlocutori delle parabole siano proprio scribi e farisei. Nei racconti parabolici, facilmente riconosciamo sensazioni di paura, terrore, ansia in quanto agite dai personaggi della scena. Attraverso queste proiezioni incominciamo a sospettare che il Dio di Gesù Cristo non può essere così, altrimenti non potremmo continuare a chiamarlo misericordioso, ricco d’amore e soprattutto padre. In questo contrasto tra il Dio della parabola e il Dio di Gesù Cristo, il nostro cuore riconosce chi è veramente il suo creatore. E lì tira finalmente un sospiro di sollievo. E si ritrova in un istante a gustare il regno di Dio…
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Hai mai fatto esperienza del Regno di Dio nella tua vita?
Riesci a vedere quali immagini distorte di Dio rendono la tua vita infelice e ansiogena?
In quali situazioni hai sperimentato il divario tra il Dio di Gesù Cristo e il dio che emerge dalle parabole?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
26
Luglio
2018
Le parabole vanno orientate!
commento di Mt 13,10-17, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ