Le parole sono vasi eletti e preziosi e possono essere riempiti di qualunque cosa anche del vino dell’errore.
Agostino, Confessioni
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 2,13-25)
Dal vangelo secondo Giovanni Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Mi lascio ispirare
Le parole esprimono il modo in cui ci mettiamo in relazione con il mondo. Se prestiamo attenzione al nostro modo di parlare, probabilmente capiremo qualcosa del nostro modo di amare. Alcuni infatti scelgono il silenzio, preferiscono evitare di parlare, altri riempiono il vuoto con il rumore costante della loro voce, altri scelgono le parole con prudenza. Quando parliamo, consegniamo sempre qualcosa di noi agli altri. Le parole possono essere ponti che ci avvicinano alle persone, ma possono anche essere muri difficili da varcare. Per questo dovremmo maneggiare con cura questi strumenti preziosi. Anche Dio parla. Nella Bibbia Dio parla dall’inizio alla fine: Dio crea attraverso le parole. Gesù è la parola che diventa carne. Al centro di questo percorso c’è il dono delle dieci parole, quelle parole che possono guidare ogni uomo su una strada di libertà.
Il libro dell’Esodo colloca queste parole lungo il cammino del popolo d’Israele verso la terra promessa, sono il cuore di questo viaggio verso la libertà. Quando amiamo una persona, scopriamo pian piano le cose che le fanno piacere e la aiutano. In questo modo conosciamo quello che ci permette di stare dentro la relazione con questa persona.
Le parole che Dio dice a Israele sono una proposta, rappresentano il criterio per stare dentro la relazione con lui. Quelle parole sono uno spazio, come la terra promessa e come il giardino dell’Eden. È lo spazio della relazione con Dio. Siamo sempre liberi di scegliere se rimanere in quella terra o andarcene via. Le parole sono i confini della terra, il limite e il margine per capire se stiamo ancora dentro quella relazione o se ce ne siamo andati.
A volte possiamo rimanere in una casa, ma non abitarla più, possiamo starci come separati in casa o possiamo usarla solo come un albergo. Anche la relazione con Dio può essere trattata così. Il Tempio è lo spazio della relazione con Dio, è lo spazio sacro, il luogo dell’incontro. Gesù si accorge che la gente è rimasta in quella casa, ma senza vivere più la relazione.
Gesù richiama con forza alla conversione chi non vive più la relazione con Dio. Sono le persone che usano il Tempio, cioè la vita spirituale, la Chiesa, la comunità, persino il ministero sacerdotale, per i loro interessi, senza crederci.
Dopo la risurrezione, lo spazio della relazione con Dio non è più il Tempio: quando Gesù muore sulla croce il velo del Tempio è squarciato, è aperto, perché la divinità non è più nascosta nell’arca dell’Alleanza, ma è visibile. Il cuore di Cristo è lo spazio in cui possiamo abitare la relazione con Dio. Il corpo di Cristo è il nuovo ed eterno Tempio. La Parola si è fatta carne, una parola eterna, detta una volta per sempre, la fedeltà di Dio che non viene mai meno.
Ma io, come ci sto in questa relazione? Abito questa casa fino in fondo o semplicemente la sto usando? Questo passo del Vangelo tocca soprattutto noi che frequentiamo il Tempio, che addirittura viviamo ministeri e impegni in questo luogo, ma che spesso, come il figlio maggiore della parabola, dimoriamo nella casa del Padre senza avere più alcuna relazione con Lui.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come uso di solito le parole nelle relazioni più significative?
Come coltivo la mia relazione con Dio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
4
Marzo
2018
Dove sono i confini di una relazione?
commento di Gv 2,13-25, a cura di Gaetano Piccolo SJ