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Scopri chi sei e non avere paura di esserlo.
Mohāndās Karamchand Gāndhī
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 11,37-41)
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
Mi lascio ispirare
Truccare lo specchio significa mettere in atto all’esterno un comportamento che maschera l’incoscienza interna: chi è unito in sé stesso, non mostra fuori ciò che è, prima di tutto, dentro? A volte mettiamo in atto un rito, una consuetudine, un’aspettativa, una legge, un comportamento, una parola nella realtà esterna anche se nella realtà interna, sentiamo l’opposto. È imbarazzante ammettere al Signore la nostra incoerenza, non è semplice ammettere la vergogna, ma la fede ci aiuta a fare quel passo che la ragione vede come impossibile: ammettere a noi stessi, e quindi all’Amore di Dio, che sì, Signore, anche io trucco qualche specchio. E mentre la ragione gioca nella dualità interno-esterno, pulito-sporco, coerente-incoerente, Dio, che ci vuole liberi per davvero, ci aspetta in qualunque parte scegliamo di muoverci: parlare con noi stessi alla presenza di Dio, elemosinando ciò che non siamo, ciò che non abbiamo umanamente, ci predispone a ricevere la sua grazia.
Nel rapporto con Dio, offrire ciò che non siamo ci permette di ricevere perché diventiamo consapevoli di una nostra mancanza; nel rapporto con l’uomo, che per derivazione è il rapporto con Dio, offrire ciò che possiamo a chi non ha (e non strettamente in senso materiale) è un atto di carità che intesse relazioni di aiuto e gratuità, che può scuotere una vita statica, dare gusto a una vita senza sapore: permettere all’Amore di fare ed esistere attraverso le nostre vite, anche nella nostra imperfezione, ci libera dalla tentazione di voler sembrare farisei e di vestire invece il nostro abito migliore: quello umano.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Nella pratica concreta, provo a camminare tenendo una postura rigida, statica, ortodossa, impeccabile: quale aspetto di me o ambito della mia vita mi fa venire in mente questa camminata?
Immagino di pranzare con Gesù in casa mia e chiedo la grazia di accettare di vedere, senza giudicarmi, la mia incoerenza: che cosa di me, non è dentro come la mostro fuori?
Che cosa posso dare, consegnare di me agli altri, per compiere un gesto di carità? Che cosa provo?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Ottobre
2025
Sforzo di autenticità
commento di Lc 11,37-41, a cura di Giovanni Stefani