Foto di Patrick von der Wehd su Unsplash -
La preoccupazione per la propria immagine, è questa la fatale immaturità dell'uomo. È così difficile essere indifferenti alla propria immagine. Una tale indifferenza è al di sopra delle forze umane. L'uomo ci arriva solo dopo la morte. E neanche subito. Solo molto tempo dopo la morte.
Milan Kundera, L’immortalità
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 23,1-12)
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Mi lascio ispirare
Gesù oggi mi mette davanti a tre specchi. E in ognuno riconosco qualcosa di me.
Il primo specchio è la distanza tra le mie parole e le mie azioni. Posso dire parole belle, persino giuste, persino vere… Ma poi rimanere fermo, senza il coraggio o la costanza di portarle fino in fondo.
Il secondo specchio è il compiacimento che provo davanti all’ammirazione altrui. Quante volte mi rendo conto di agire in cerca di un’approvazione, un applauso, anche piccolo. E come mi sento “a posto” se quel piccolo cenno di riconoscimento arriva!
Il terzo specchio è l’occupazione di nicchie di potere in modo statico, senza volontà di servizio. È una questione sottile e insidiosa: non serve occupare grandi poltrone per sentirsi “maestri”. Basta poco, un piccolo ruolo, una parola che pesa più di altre, un titolo che mi fa sentire al centro.
Rispetto a questi comportamenti carichi di vacuità, Gesù mi sussurra che non ho bisogno di tutto questo. Non mi serve riempirmi di parole, di applausi, di titoli. Mi basta servire, umiliarmi nel senso etimologico: restare con i piedi per terra.
Oggi chiedo la grazia di non brillare, di vivere più nelle opere che nelle parole.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quale punto della mia vita preferisco dire e non fare, pur sentendo che il Vangelo mi chiede un passo in avanti?
In quale ambito la mancanza di approvazione altrui mi mette più in difficoltà?
In quale angolo nascosto del mio cuore mi piace ancora sentirmi più in alto degli altri?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
23
Agosto
2025
La grazia di non brillare
commento di Mt 23,1-12, a cura di Giovanni Baisi