Foto di A. C. su Unsplash -
Ted Lasso: Sai qual è l’animale più felice al mondo? Il pesce rosso. Sai Perché?
Sam Obisanya: No.
Ted Lasso: Ha una memoria di dieci secondi. Sii un pesce rosso, Sam. Ok?
Ted Lasso, Stagione 1, Episodio 2
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 18,1-5.10.12-14)
In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda».
Mi lascio ispirare
Proviamo a metterci tra quei discepoli. Nella loro voce riconosciamo la nostra stessa voce. Oggi stesso siamo noi che facciamo quella domanda – forse non con le parole, ma certamente con il cuore inquieto che cerca conferme, riconoscimenti, un posto speciale agli occhi di tutti.
Non c’è nulla di male nel desiderare di essere apprezzati, compresi, riconosciuti. Siamo fatti per le relazioni. Ma, quando osserviamo onestamente il nostro cuore, possiamo anche vedere che spesso questi desideri legittimi si trasformano in catene.
Quando qualcuno non ci riconosce il giusto merito, quando veniamo fraintesi o messi da parte, sentiamo dentro di noi qualcosa che si irrigidisce. È come se dovessimo difendere un castello assediato – questo “io” costruito con tanta cura, mattone dopo mattone, successo dopo successo, delusione dopo delusione.
Ma davanti alla scena di oggi siamo riportati alla memoria dell’innocenza. Quando eravamo bambini, quanta facilità nel perdonare! Quanto poco tempo sprecato a rimuginare sui torti subiti! Come era naturale ricominciare da capo, ogni mattina come una pagina pulita.
Il bambino che abbiamo davanti non porta maschere. Non ha costruito personaggi da difendere. Al confronto sembra che oggi ci stiamo soltanto complicando la vita.
Quando ci aggrappiamo al nostro ego, quando ci identifichiamo completamente con il nostro ruolo, il nostro status, le nostre conquiste, una sottile aridità si fa strada dentro di noi. È come vivere sempre in tensione, sempre sul chi va là. Anche i successi perdono sapore, perché c’è sempre un altro gradino da conquistare, sempre un’altra battaglia da vincere per mantenere la posizione.
Ma quando, per grazia, riesco a fare un passo indietro e a riconoscere che tutto questo teatro non sono io – quando riesco a sorridere delle mie piccole vanità e a non prendermi così tremendamente sul serio – allora respiro. Allora c’è pace.
«Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini…» Questa conversione, non è un evento una tantum, ma un ritorno quotidiano. Ogni giorno siamo davanti alla scelta: voglio entrare nella logica del regno o rimanere prigioniero della logica del mondo che mi dice che valgo solo se sono il primo, se sono indispensabile, se tutti mi riconoscono?
Il bambino che Gesù pone al centro non chiede di essere il più grande. È grande perché è se stesso, semplicemente, senza finzioni. È grande perché si fida, perché non ha paura di essere vulnerabile, perché sa di essere amato senza dover conquistare questo amore.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quali situazioni mi sono sentito inquieto, irritato o ferito nel mio orgoglio?
In quali relazioni o contesti sento di aver perso quella spontaneità, quella capacità di fidarmi che avevo da bambino?
Se domani tutti dimenticassero i miei successi, i miei titoli, le mie competenze – se dovessi ricominciare da zero senza che nessuno sappia chi sono stato – cosa proverei? Paura? Liberazione? Entrambe?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
12
Agosto
2025
Accogliere: lasciar andare
commento di Mt 18,1-5.10.12-14, a cura di Ettore Di Micco