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Io non ho mai capito un gran che fino a quando il Signore non me lo ha fatto comprendere in maniera sperimentale.
Teresa d’Avila
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 6,52-59)
In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.
Mi lascio ispirare
L’atteggiamento che hanno i giudei è simile al nostro quando abbiamo la pretesa di fare grandi cogitazioni riguardo a qualcosa che, in fondo, non abbiamo capito per niente. Le parole di Gesù fanno evidentemente riferimento alla sua morte e risurrezione e all’istituzione dell’Eucaristia, di cui, in fondo, possiamo parlare e ragionare poco, poiché si tratta più di un’esperienza da vivere. Da qui, infatti, il riferimento al mangiare, che già troviamo nei libri sapienziali, in cui la Parola di Dio è cibo. Giovanni ci racconta, allora, di una Parola fatta carne e che ci nutre per la vita eterna.
Non si tratta semplicisticamente di una metafora, poiché mangiare il suo corpo e bere il suo sangue è quanto concretamente facciamo ogni giorno nell’Eucaristia, specialmente la domenica. Per gli ebrei il sangue è simbolo di vita e non è mai concesso toccarlo né tantomeno berlo: le parole di Gesù sono un invito a una profondissima intimità con lui nella concretezza della carne. Per questo si è incarnato.
Probabilmente è proprio questo che scandalizza i giudei, e anche noi oggi: essere cristiani non è seguire Gesù banalmente come esempio di virtù, ma farsi toccare concretamente nell’esistenza terrena per ricevere la salvezza e proiettarci nella vita eterna con Dio.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Di quali falsi cibi mi nutro? Dove oggi vado a cercare la salvezza nella mia vita?
Dove so di non poterla trovare? Dove scelgo oggi di cercarla?
Cosa mi scandalizza nel mio rapporto con Dio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
9
Maggio
2025
Intimità nell’eternità
commento di Gv 6,52-59, a cura di Marco Ruggiero