Caravaggio, Madonna dei Pellegrini (dettaglio) [1604-1606] -
Sono il discepolo di un pastore santo, che ha occhi grandi;
il suo sguardo raggiunge tutti.
Dalla stele di Abercio di Gerapoli, fine II secolo
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Mi lascio ispirare
Perla unica al cuore del vangelo di Luca, Gesù condivide questa parabola con tutti quelli che anche oggi si avvicinano a lui, in molti modi diversi. Ci sono alcuni che riconoscono con semplicità di non essere dei perfetti, di aver fatto degli errori, che arrivano animati dal desiderio di stare un po’ con lui, di ascoltarlo. Ci sono altri cresciuti con la grande preoccupazione di fare tutto bene, di essere considerati giusti, che sembrano accostarsi al rabbi di Nazareth con la segreta certezza che potranno senz’altro borbottare qualche critica. Tra questi estremi, un ventaglio di posizioni in cui possiamo riconoscerci anche noi.
La parabola del padre misericordioso tocca una varietà di temi centrali nell’avventura di ciascuno. Si tratta delle relazioni fondamentali, di figliolanza e fraternità, di vita e di morte, di libertà e di schiavitù, di verità e di rappresentazione, di fame e di abbondanza, di distanza e di abbracci, di piacere e di sofferenza, di perdono e di rabbia.
È una storia che ci invita a immedesimarci nei personaggi, a confrontarci con le loro scelte e i loro sentimenti. Ma soprattutto siamo chiamati a sbilanciarci davanti a questo finale sospeso. Come risponderà il figlio maggiore all’invito del padre, rientrerà in casa? Come lo farà? Si unirà alla festa? E il fratello ritrovato come sta vivendo questa festa inattesa e come vivrà questa vita nuova che si è dischiusa nell’abbraccio e nelle parole del padre?
Gesù presenta ai suoi compagni la figura di un padre che non si stanca di rilanciare la palla della vita nel campo del cuore di ogni figlio. Un padre che esce di casa e che viene incontro ad ogni suo figlio incontrandolo lì dov’è, parlandogli nella verità dell’amore, senza giudicarlo. L’immagine inaudita di questo padre mette in movimento le immagini perverse di Dio che possono abitare il nostro intimo: l’immagine di un Dio autoritario, lontano, che non si interessa di noi e dei nostri problemi, un Dio giustiziere che condanna, che punisce. Il figlio che conosce il cuore del padre sa quanto ogni fratello ha bisogno di incontrare il vero volto di Dio.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Che cosa cerco nell’avvicinarmi oggi a Gesù e alla sua parola? Che sentimenti provo nel vedere tanti altri, anche molto diversi da me, che gli si radunano intorno?
Cosa mi tocca particolarmente oggi nella parabola del padre misericordioso? Quale dimensione della mia vita sento più coinvolta?
In che modo l’immagine del padre della parabola cura il mio immaginario su Dio e le mie relazioni con gli altri?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
30
Marzo
2025
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commento di Lc 15,1-3.11-32, a cura di Matteo Suffritti SJ