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Soltanto l’amore corregge senza umiliare.
Tommaso d’Aquino
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 23,1-12)
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Mi lascio ispirare
A volte, in una classe, mi capita di vedere un ragazzo o una ragazza che va a sedersi in un posto diverso dal suo, per stare vicino a un compagno, o per nascondersi meglio. Il professore, immancabilmente, lo fa tornare dove era prima. Mentre questo scambio di posti è abbastanza innocuo, la mia tendenza a mettermi in vista, ben al centro dell’attenzione, non lo è. Quando cerco l’ammirazione del prossimo, lo distolgo da colui che dovrebbe guardare, il Maestro, la Guida, il Cristo.
Mi chiedo perché io vada tanto a elemosinare sguardi.
Che sia malato, come quei ricchi che pensano di non aver mai abbastanza? Se è così, questa malattia è guaribile?
Che io non voglia accogliere lo sguardo del Signore, quello sguardo che ti costituisce uomo, ti comunica dignità, ti crea?
Sia come sia, da solo non guarisco.
Per grazia, il Signore si comporta con me come il professore della classe: mi fa ritornare al mio posto. Un po’ confuso per questo cambio forzato, mi accorgo di non essere di più degli altri, percepisco la nostra uguaglianza, e ne gioisco. Avevo scelto di isolarmi e mi ritrovo in buona compagnia. Non mi sembra vero che il Maestro, con tutto quello che ha da trasmettere e insegnare, perda tempo con me. Vuol dire che ne avevo bisogno!
E ora posso stare attento, insieme ai miei compagni di avventura.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando ti è capitato di elemosinare l’attenzione degli altri?
Come ti sei sentito/a?
Che cosa o chi ti ha riportato al tuo posto?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
18
Marzo
2025
Al proprio posto!
commento di Mt 23,1-12, a cura di Stefano Corticelli SJ