Foto di Melania Condò -
Dove voi vedete le cose ideali, io vedo cose umane, ah! troppo umane.
Friedrich Nietzsche, Umano, troppo umano
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 2,23-28)
In quel tempo, di sabato Gesù passava tra i campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato».
Mi lascio ispirare
I discepoli del Maestro non temono di abbracciare il cammino, con tutte le fatiche che questo comporta. Ed ecco che, proprio dentro il cammino, l’essere creature bisognose – quindi l’umanità – si rivela senza filtri o timori, ma nella sua sincera concretezza: i discepoli hanno fame, e danno significato alla terra che custodiscono tanto da scegliere di raccoglierne i frutti. Per necessità: «per mantenerci nel tuo santo servizio».
Ma c’è sempre chi giudica i comportamenti altrui senza mettersi in ascolto, non tanto o non solo dell’altro, ma anche e spesso di sé: la fame è il bisogno di ogni umano, e i farisei, prendendo le distanze dalla fame dei discepoli, ritenendo le leggi superiori all’umanità, hanno paura di riconoscere anche la loro personale piccolezza. Così facendo si spogliano della condizione di figli, rinunciando ad accogliere la bellezza di essere uomini e donne, in cammino per le vie del mondo.
La risposta di Gesù alla provocazione dei farisei guida verso una lettura accurata della realtà, che ricomprende la libertà di chiamare per nome la propria fame come segno dell’essere figli. Come testimonianza di una relazione. Il Figlio, esempio lampante: Dio ha creato l’uomo e la donna perché realizzino progetti di vita, non perché costruiscano regole perentorie che conducano alla morte.
Se il Signore si è fatto uomo, è stato, è e sarà sempre “signorile”, dunque degno e benedetto, in ogni sua forma, l’essere umano.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Che rapporto instauro con i frutti della terra che sono chiamato/a a custodire?
Nella mia lettura della realtà, quale ordine di priorità hanno le persone e le leggi?
Quale nome porta la mia fame, oggi? In quali modi, attraverso quali esperienze il Signore mi dona di riconoscerla e accoglierla, senza giudicarla?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
21
Gennaio
2025
Il coraggio di essere umani
commento di Mc 2,23-28, a cura di Melania Condò