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All’uomo, nella sua fragile barchetta, è dato il remo in mano proprio perché segua non il capriccio delle onde ma la volontà della sua intelligenza.
Johann Wolfgang Goethe
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 6,45-52)
[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.
Mi lascio ispirare
Ai discepoli è chiesto di prendere le distanze dalla folla, forse perché è una relazione che mina la loro integrità esponendoli al rischio dell’orgoglio e della vanagloria; hanno un percorso differente da fare e probabilmente vi si oppongono, poiché altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di una costrizione da parte di Gesù. La separazione da quanto ci illude di star bene è qualcosa di molto faticoso e doloroso: anche noi possiamo sentirci soli in mezzo al mare instabile a far fatica, con le tenebre che scendono e il vento che schiaccia verso il basso, e la notte sempre più fonda che annebbia la vista e rende il cuore inquieto e la mente instabile. Non vediamo il Signore, ci chiediamo dov’è, perché ci ha lasciati soli e in che modo possiamo andare avanti senza di lui, senza farci inghiottire dalla paura. La barca, simbolo della Chiesa, è qualcosa di parecchio instabile nella traversata della vita, galleggia a fatica sul mare che rappresenta la morte causata dal peccato, l’allontanamento da Dio.
Gesù è distante, ma si prende cura delle folle e osserva da lontano i discepoli. Ci mostra che è a partire dalla relazione fondamentale e fondante con il Padre che possiamo contemplare, nelle difficoltà della vita, la sua manifestazione, la sua epifania come il Salvatore – il termine greco per fantasma indica il “mostrarsi”, il “manifestarsi”. I discepoli temono per la propria vita perché lo splendore del volto di Dio è troppo radioso perché un uomo possa vederlo senza morire; questa concezione poneva grande distanza fra l’uomo e Dio, azzerata da Gesù: egli sale sulla barca in mezzo ai discepoli, cammina in mezzo a noi.
In tutta la nostra vita c’è un vento di paura che è l’attesa della morte alla quale Gesù, con la sua morte e risurrezione, è venuto a dare un nuovo significato. Se viviamo schiacciati dalla paura della morte, dando credito alle falsità che riempiono la nostra vita, non vediamo Dio, vediamo solo buio e possiamo remare per ore senza andare da nessuna parte. Il Signore attraversa la morte, la vince, ci “cammina sopra” e dà la Vita; egli oltrepassa le nostre fragilità e infonde fiducia, tracciando un cammino di rinascita. Si mostra con il nome biblico della Creazione – “Io sono” – che smorza il grido della paura dei discepoli con un dialogo d’amore. Anche se generati a nuova vita, i discepoli hanno ancora un cuore indurito, bloccato da uno sguardo contorto su se stessi: non hanno accolto con sincerità le folle, non hanno accolto il loro Maestro, non hanno accolto la fragilità di sé stessi e fanno fatica a lasciarsi amare.
È difficile acquisire oggi quello sguardo capace di riconoscere Gesù nel buio della nostra vita. I discepoli non sono completamente rasserenati, così come noi non siamo sempre sereni anche se abbiamo fatto esperienza di Dio. È necessario fare un vero cammino di conversione interiore, attraversare la notte, e non fuggirla, per ottenere la luce che ci dà uno sguardo nuovo e sincero sui noi stessi, sulle nostre relazioni con i fratelli e le sorelle che ci stanno accanto, sulla relazione fondamentale con Dio.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali sono i venti contrari che ho da affrontare oggi?
Da quale relazione ho bisogno di prendere le distanze perché sta minando la mia integrità?
In quale situazione della mia vita sento di star remando senza però andare avanti?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
9
Gennaio
2025
Remando ostinatamente
commento di Mc 6,45-52, a cura di Marco Ruggiero