- Foto di Shameer Pk da Pixabay
Non possiamo dire in quale preciso momento nasca l’amicizia. Come nel riempire una caraffa a goccia a goccia, c’è finalmente una stilla che la fa traboccare, così in una sequela di atti gentili ce n’è infine uno che fa traboccare il cuore.
Ray Bradbury
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 14, 25-33)
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Mi lascio ispirare
La pagina di oggi ci propone un passaggio che desta grande perplessità alla sensibilità contemporanea, così attenta al valore degli affetti familiari. Gesù chiede veramente di odiare madre e padre? Gesù è così disumano?
L’espressione, però, non va intesa in senso letterale, è relativa «Chi ama di più… non è degno…».
Si tratta ancora di una richiesta disumana? È un capriccio possessivo? Oppure è un gesto di liberazione? Perché se per primo viene Dio, tutto ciò che segue è un dono. Le relazioni affettive, anche le più importanti, non sono un possesso o un prodotto umano, ma sono un dono da custodire. La radicalità della sequela si trasforma nella radicalità di uno sguardo che vuole vedere tutto come un dono.
All’inizio del racconto, una grande folla lo seguiva. Gesù non vuole essere trasformato in un idolo perché compie gesti di potenza. Vuole essere chiaro. Gesù è libero (non è il pezzo di legno o di metallo prodotto dalle mani dell’uomo) e ci vuole liberi. Non manipola. Non cerca compiacenza o grandi numeri, ma autenticità nella sequela. Per questo la radicalità dello sguardo nel vedere tutto come dono può stare insieme alla delicatezza e alla tenerezza di un compagno di cammino, che umanissimamente si preoccupa che la sequela avvenga nel rispetto dei limiti e delle fragilità di ciascuno uomo e donna.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Chi sono gli affetti più importanti nella tua vita? Come te ne prendi cura?
Per te essere uomo o donna liberi che cosa significa?
Come i tuoi limiti si possono trasformare in sequela?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
6
Novembre
2024
Perché tutto sia dono
commento di Lc 14, 25-33, a cura di Diego Mattei SJ