Foto di Ilaria Zipponi -
Chi vuol tenere prima deve sapere cosa lasciare,
chi vuole insistere impari prima a cedere,
chi vuole amare prima deve imparare a rinunciare.
Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè, Come mi pare
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 12,24-26)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà».
Mi lascio ispirare
Morire porta molto frutto, più frutto che rimanere vivi ma soli. Toccare la morte, vivere la morte, lasciare andare tutto è occasione di vita. Morire, nel senso di rinunciare a una vita votata alla sola realizzazione personale, porta molto frutto. È il paradosso della fede, il suo mistero: la morte che porta vita.
Amare la propria vita, una vita vissuta solo per se stessi, porta a perderla. “Odiare” la propria vita, nel senso di rifuggire una vita volta solo al raggiungimento di obiettivi, di traguardi e di successi personali, invece, la fa conservare per la vita eterna.
È il contrario di quello che siamo abituati a vivere. In un mondo in cui il successo è il principale strumento di realizzazione e soddisfazione personale, in cui il potere è una delle più grandi ambizioni, in cui l’apparenza – quello che mostriamo – conta di più di quello che è e che siamo, in cui l’avere conta più dell’essere, Gesù ci dice il contrario: rinunciare a tutto questo porta frutto. Rinunciare ad una vita in cui i miei desideri e i miei bisogni contano più di tutto e soprattutto di tutti, porta frutto.
Gesù riassume con una brevissima metafora il senso della sua stessa vita. E se vogliamo possiamo seguirlo e servirlo, fino alla sua morte: possiamo smettere di avere la pretesa di controllare tutto ciò che accade nella nostra vita, di pretendere che tutto vada come vogliamo, di sentirci consolati e realizzati solo grazie a successi e traguardi personali. Possiamo imparare a lasciare andare questo peso, questo fardello: possiamo scegliere di seguire Gesù e imparare a lasciar fare a lui.
Servirlo porta a essere serviti e onorati dal più grande servitore: il Padre. E possiamo così alimentare la catena del bene che, rinunciando e servendo, si diffonde.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quali momenti riesco a vedere i frutti che la “morte” (di alcune aspettative, pretese, desideri) porta intorno a me?
In quali ambiti della vita sento che la mia realizzazione personale conta più di tutto il resto e di tutti gli altri?
Come riesco a lasciar andare le pretese che tutto vada come voglio io?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Agosto
2024
Serviti e onorati dal Padre
commento di Gv 12,24-26, a cura di Ilaria Zipponi