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Guarire è toccare con amore ciò che abbiamo precedentemente toccato con paura.
Stephen Levine
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 20,24-29)
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Mi lascio ispirare
Dove prendere la fede, per noi che non abbiamo toccato? Che beatitudine è quella di chi non ha mai visto in carne e ossa la persona più importante della sua vita? Eppure questa è la credenza che ci fa cristiani, che ci divide da chi vede in Gesù un semplice esempio di buona moralità.
La nostra fede va oltre la morale. La nostra fede è toccare con mano, nella vita di tutti i giorni, le ferite di un’altra persona, e scoprirla umana come noi.
È far diventare quelle ferite un modo per avvicinarci, per riconoscerci, anche quando tutto ci dice che dovremmo allontanarci dagli altri, pensare a noi stessi, pensare a sopravvivere.
Tutti noi siamo stati Tommaso, e tutti noi a volte sentiamo come se avessimo perso un’occasione – non c’eravamo quando dovevamo. Eppure ogni volta ritorna… quella sensazione di averlo intravisto, di aver sentito o esperito qualcosa che solo per noi aveva senso, e che poteva essere solo un messaggio da parte sua.
E allora torniamo a toccarla, quella ferita che ci ha salvato, quella storia che ha cambiato il mondo, e ogni volta è una nuova beatitudine, riconoscerlo, rivederlo, rinascere con Lui.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quale occasione le circostanze mi hanno fatto capire qualcosa che solo io potevo capire?
Cosa sento quando contemplo la resurrezione?
Come presento la mia fede a chi mi chiede di spiegarla?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
3
Luglio
2024
Tante volte beati
commento di Gv 20,24-29, a cura di Gloria Ruvolo