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Una persona amata che delude. Gli ho scritto. Impossibile che non mi risponda quel che ho detto a me stessa in nome suo. Gli uomini ci debbono quel che noi immaginiamo ci daranno. Rimetter loro questo debito. Accettare che essi siano diversi dalle creature della nostra immaginazione, vuol dire imitare la rinuncia di Dio. Anch’io sono altra da quella che m’immagino essere. Saperlo è il perdono.
Simone Weil
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 8,1-11)
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Mi lascio ispirare
Non mi condanni, Signore. Nemmeno quando vengo sorpresa in flagrante, nemmeno quando la mia caduta è pubblica, indifendibile… Direi imperdonabile, ma imperdonabile non è, perché sotto il tuo sguardo tutto si fa chiaro e il mio capo chinato trova la forza di sollevarsi.
Non c’è legge che mi impedisca di guardarti negli occhi, di lasciarmi guardare negli occhi da te, se solo te lo permetto. Eppure la vergogna mi appesantisce il capo, lo sguardo, il cuore. Tengo la testa bassa per non veder volare la pietra che mi colpirà, sigillando la mia inadeguatezza, firmando la mia indegnità. Ma la tua voce mi attira e il mio sguardo per cercare il tuo lotta col peso della vergogna e vince.
Sollevo il capo e tu sei lì, pure sorridente.
Nel tuo sorriso si discioglie il timore: non mi condanni, tu – e, anzi, disinneschi ogni condanna, perché sotto al tuo sguardo siamo tutti piccoli e grandi allo stesso modo, creature mortali e imperfette eppur degne. Degne d’amore, degne d’attenzione. Umane come tu stesso hai scelto di farti, rivestendoti di questa carne fragile e fallibile che in te diventa cosa sacra e degna di lode pure nell’errore.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quale occasione ti sei sentito graziato dal Signore?
Quando ti è capitato di condannare un fratello per un errore?
Quale aspetto della tua fallibilità di creatura ti pesa di più? Affidalo al Signore.
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
18
Marzo
2024
Perdono che solleva
commento di Gv 8,1-11, a cura di Verena M.