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Spenta l’identità
si può essere vivi
nella neutralità
della pigna svuotata dei pinòli
e ignara che l’attende il forno.
Attenderà forse giorno dopo giorno
senza sapere di essere se stessa.
Eugenio Montale
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 1,35-42)
In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che tradotto significa maestro – dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Mi lascio ispirare
Dove abiti, Signore? Dove ti senti a casa? Come faccio a sentirti più vicino, più simile a me? Sono fatta a tua immagine, mi dicono, eppure la tua umanità mi pare sempre rivestita di una maestà che ti rende infinitamente lontano dalla mia piccolezza di creatura. Dov’è che abiti, dove ti trovi, dove ti trovo?
Mi chiedi di seguirti e i miei passi posati nelle tue orme mi fanno sentire più vicina a te. Rimango con te per un giorno intero e ti ascolto – e così imparo a conoscerti, imparo a conoscermi.
Guardando a te, guardando alla tua maestà, Signore, riscopro la mia dignità di creatura e a emergere sono non più le differenze ma ciò che ci accomuna: tu sei figlio di Dio – ma con te e in te lo sono anche io. In te la mia umanità trova senso e profondità, missione e orizzonte, quando mi chiami per nome: in te so chi sono, se so chi sei.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando ti è capitato di sentire Gesù vicino, nella sua umanità?
Cosa invece ti fa sentire l’umanità di Gesù lontana e irraggiungibile?
In quale luogo della tua vita senti la tua dignità di creatura fiorire?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
4
Gennaio
2024
Maestà di creatura
commento di Gv 1,35-42, a cura di Verena M.