René Magritte, Il donatore felice (1966) -
Talvolta ascolto le voci senza lasciarmi distrarre dalle parole che contengono.
In quei momenti sono le anime che sento. Ciascuna ha la vibrazione che le è propria.
Certe emettono solo note stonate: bisognerebbe che un Dio ne tendesse nuovamente le corde, come un cieco che accorda un pianoforte.
Christian Bobin, Resuscitare
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 1,6-8.19-28)
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Mi lascio ispirare
Giovanni confessa la verità della propria identità a partire da tre negazioni per arrivare a un’affermazione positiva: è un po’ la storia della nostra ricerca d’identità che prende forma dalla relazione con altri e nella relazione viene alla luce, in parte proprio sgomitando, chiarendosi per contrasto, appunto per negazione.
L’identità la trovo delimitandomi, meglio ancora facendo esperienza esistenziale del mio limite: non dilago indefinitamente e illusoriamente ma sono delimitato, definito: intessuto anche (ma non principalmente!) di sani “no”: i limiti.
Poi Giovanni si afferma positivamente raccontando la propria chiamata, il senso e la destinazione della propria vita. Ha la robustezza umile di definirsi «voce» che annuncia la presenza di un altro. Grida dal suo limite! Noi siamo tutti Giovanni, impegnati a trovare il timbro e il tono originali della voce che siamo, tesi a cercare la giusta intonazione, rispetto al “la” del Creatore.
In verità potremmo essere anche i sacerdoti e i leviti che fanno domande restando fuori dalla ricerca delle risposte o addirittura i farisei che si informano a distanza e per procura: a pensarci bene almeno alcune volte lo siamo stati in varie circostanze della nostra vita: voci stonate, distorte…
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come ti descrivi, come ti racconti, come ti definisci?
Che rapporto hai con il tuo limite? Con i “no” che la vita, la realtà, gli altri pongono al tuo dilagare indefinito e illusorio?
Che timbro ha la tua voce? Quale il suo tono? La trovi accordata con il “la” di Dio?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
17
Dicembre
2023
Una voce intonata
commento di Gv 1,6-8.19-28, a cura di Andrea Piccolo SJ