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Verrà un giorno che l'uomo si sveglierà dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo... l'uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo.
Giordano Bruno
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 25,14-30)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».
Mi lascio ispirare
Il messaggio è forte e chiaro: se non metti a frutto i tuoi talenti sei perduto! Se vivi una vita che non valorizza le tue qualità, qualsiasi cosa possano rappresentare per te, la tua vita non vale nulla. Neppure agli occhi di Dio. Sei perso veramente. Che tradotto nel linguaggio di oggi suona come: se non ti dai da fare, sei un fallito. Il che può essere anche vero, ma che ansia! Il Vangelo non era una “buona notizia”? Dove sta la buona notizia in questo racconto? Di un Dio che svaluta, mortifica e miete dove non ha seminato ne possiamo fare anche a meno. La vita è già complicata di per sé che non sentiamo di certo il bisogno di uno sguardo giudicante dall’alto sulla nostra fatica di stare al mondo!
Ma allora, perché Gesù racconta questa parabola? In quanto esseri umani, a livello ancestrale, talvolta inconsciamente, viviamo la nostra vita sottomettendola a una entità che riteniamo superiore. La chiamiamo “dio” o la nominiamo in qualsiasi altro modo, identificandola in qualche ideale, ma il risultato non cambia: a seconda di come elaboriamo interiormente il rapporto con questa entità, tendiamo a vivere di conseguenza. È il meccanismo relazionale insito nella natura della creatura. Nel momento in cui nasciamo, la nostra vita (psichica, spirituale e sociale) è comunque dipendente dai nostri simili adulti. E questa relazione originaria accompagna e plasma l’intera esistenza. In quanto strutturale, non possiamo scrollarcela di dosso semplicemente negandone l’esistenza. Dal punto di vista spirituale, diventare adulti significa elaborare questa relazione costitutiva continuamente, ogni volta che se ne presenta l’occasione. È quello il momento in cui cresciamo in autonomia e libertà, in un movimento che è sempre possibile ripercorrere durante l’intero ciclo della vita. E sì, in modo provocatorio, potremmo quasi dire che Gesù ci aiuta a elaborare questa relazione originaria direttamente con le proiezioni su Dio che ci tengono in catene e ci impediscono di prendere in mano la nostra vita e diventarne pienamente responsabili!
La parabola ci provoca a prendere posizione. Intercetta una nostra particolare immagine distorta di Dio e la proietta alla fine dei tempi, e ci chiede di confrontarla con l’immagine di un Dio che invece muore sulla croce per te: il Dio di Gesù Cristo. Gesù ti chiede di osservare attentamente la differenza: quanto l’immagine del Dio che muore in croce corrisponde all’immagine che viene presentata nella parabola? A partire da questa osservazione puoi prendere una posizione.
Chi vuoi servire? Un dio che incute timore o un Dio che muore per te? Non c’è una terza viva. Non servire nessuno è l’illusione di chi non riconosce che l’essere umano è relazionale sin dall’inizio. Gesù non elimina il riferimento ancestrale, ce lo fa elaborare. Perché noi esseri umani non sperimentiamo la libertà in senso assoluto, come già data, ma sempre dentro la dinamica dell’essere liberati.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quale dio stati servendo oggi? Leggi la risposta attraverso l’atteggiamento che assumi verso la realtà.
Da che cosa mi potrebbe liberare il Dio sulla croce?
Come cambierebbe il gusto della vita, se servissi il Dio di Gesù Cristo?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
2
Settembre
2023
Il rischio della libertà
commento di Mt 25,14-30, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ