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Si deve diventare un’altra volta così semplici e senza parole come il grano che cresce, o la pioggia che cade. Si deve semplicemente essere.
Etty Hillesum
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 11,25-27)
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
Mi lascio ispirare
Spendere troppe parole a commento di queste parole di Gesù rischia di essere un modo di non comprenderne la bellezza. Il contesto in cui Gesù le pronuncia è molto teso e critico, nel rifiuto della sua testimonianza da parte della sua generazione e delle città sul lago. Gesù usa parole dure per coloro che lo rifiutano. Ma quando si rivolge al Padre diventano tenere, intime, essenziali.
«Ti rendo lode, Padre.» Ti benedico. Riconosco davanti a te. È la poesia dell’intimità della relazione tra il Figlio e il Padre. Non c’è bisogno di tante parole per comprendersi, tra chi si ama. Le parole dotte e sapienti rischiano di prendere il posto di quell’intimità, di sostituirla – o spesso non sono che un modo per mascherare l’imbarazzo della sua assenza.
Queste sono le «cose» che capiscono solo i piccoli: l’intimità è uno spazio che non chiede altro che stare e vivere del dono di un Altro che ti ama. La sapienza e le conoscenze dei grandi, se non riescono a fare ritorno alla piccolezza del Figlio, sono solo una fuga che si perde nelle crisi e nelle domande che la vita e la storia pongono. A un certo punto, se non fanno ritorno al Figlio e al Padre, rischiano di diventare sorde, autoreferenziali, noiose.
«Ti rendo lode, Padre» è come un elastico che ci riporta a casa, per ritrovarci e ripartire, per non avere paura di un mondo complesso ma viverci dentro con semplicità, da figli amati.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Chi sono i sapienti per me? Chi sono i piccoli? Penso a qualche esempio dalla mia vita.
In che modo esprimo la mia intimità con il Padre?
Come vivo la tensione tra la necessaria complessità delle scelte quotidiane (scuola, lavoro, famiglia, amici) e la semplicità del Vangelo?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
19
Luglio
2023
Poesia dell’intimità
commento di Mt 11,25-27, a cura di Leonardo Angius SJ