Ph. by Paul Stephenson, Dry Stone Wall and Stile, Yorkshire Dales. Via Flickr (CC BY 2.0) -
Ah, Gioia! Mio pungolo penetrante, mia passione gelosa, amante mia! Gioia, che sgozzi tutte le mie soddisfazioni come altrettante concubine false e istupidenti [...] Bisogna che tu non sia più in me come in un barile perché io possa immergermi in te come nel mare immenso?
Fabrice Hadjadj, Giobbe
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 21,33-43.45)
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Mi lascio ispirare
Gesù oggi si rivolge ai capi e agli anziani del popolo. Volendo cercare un parallelo a livello spirituale, potremmo pensare a quelle parti di noi che sono molto sicure di sé e ben salde nei propri principi. Nella nostra vita ci sono cose che “funzionano”, ruoli in cui ci sentiamo bravi e nei quali stiamo a nostro agio, spazi e sicurezze di cui naturalmente tendiamo ad appropriarci. In sé, non c’è niente di male. Sono le siepi dentro le quali ci sentiamo sicuri, le viti da cui prendiamo le uve più succose, il torchio più efficiente, da cui produciamo il miglior vino, e la torre più alta, sopra la quale possiamo stare ben fieri davanti a tutti gli altri. Non solo non c’è niente di male: è esattamente lì che diamo frutto e che sperimentiamo più a fondo il nostro modo unico di amare e servire.
Il problema viene quando, consciamente o inconsciamente, dimentichiamo che quelle siepi, quelle viti, quel torchio e quella torre ci sono stati donati, sono un regalo. Se vogliamo entrare ancora più a fondo nell’immagine usata da Gesù, potremmo dire anche che tutte quelle doti, quei frutti e quelle sicurezze non sono neppure un regalo, ma un prestito: non sono “nostri” ma “in affitto”.
Quando ci sentiamo protetti ed efficaci invece è facile pensare di essere stati noi a piantare le siepi e le viti, a costruire il torchio e la torre, a meritarci i frutti e le entrate… A volte però è la vita stessa a ricordarci che i frutti non ci appartengono, che le nostre sicurezze non sono così solide e che non siamo noi a essere al centro. Quando questo accade viene smascherato il fatto che ci siamo attaccati ai doni più che al donatore, e la nostra possessività sfocia in aggressività: entriamo nella logica della guerra. Per difendere le nostre posizioni dobbiamo lottare, per continuare a essere produttivi dobbiamo farci spazio a spintoni contro tutto e contro tutti, per ribadire il nostro valore dobbiamo attaccare o sminuire gli altri.
E così, a forza di sudarci dentro per difenderla e appropriarcene sempre di più, la nostra vigna si fa sempre più soffocante. Per tenere il ritmo della guerra, scartiamo tutto quello che di noi ci sembra debole, fragile e improduttivo. La buona notizia di oggi, forse, è che proprio questi fallimenti sono stati fatti pietra d’angolo. Se ci lasciamo spossessare da quello che crediamo “nostro di diritto”, ecco che proprio lì dove non funzioniamo, dove non meritiamo, dove non abbiamo ancora imparato, riceviamo la possibilità di sperimentare tutto il gusto, la libertà e la gratuità del dono.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Qual è la tua “vigna”? Di quali sicurezze e soddisfazioni tendi ad appropriarti?
Qual è la pietra che scarti quando cerchi di appoggiarti solo tu te stesso, la debolezza da cui scappi?
Come la tua pietra scartata può diventare fonte di vita nuova?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
10
Marzo
2023
Qual è la tua pietra d’angolo?
commento di Mt 21,33-43.45, a cura di Harambet