- Gustav Klimt - Le tre età della donna
Dal mio corpo in putrefazione cresceranno dei fiori, e io sarò dentro di loro: questa è l’eternità.
Edvard Munch
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 6,37-40)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Mi lascio ispirare
Gesù sta aprendo alla folla il mistero dell’essere umano: c’è una bellezza dell’umanità che non può essere rinnegata o esclusa. E non sarà perduta o dimenticata. Vedere il Figlio è l’esperienza che ciascuno di noi fa nella propria vita quando entra in contatto con la sua vera umanità, ovvero con la capacità di amare sopra ogni cosa, al di là di tutto. È quel sentire che assunto con consapevolezza e gratuità ci spinge fuori da noi stessi per amare, superando persino l’istinto della sopravvivenza: è il cuore segreto della nostra umanità. In quel momento sperimentiamo sulla nostra pelle una qualche caratteristica che di solito attribuiamo a Dio come proiezione irraggiungibile. Sentiamo che quella qualità ci appartiene, o meglio che noi apparteniamo ad essa e il suo gusto ci ricorda il sapore della vita eterna. Cogliere quell’istante e agirlo concretamente attraverso un gesto d’amore è il modo in cui veniamo consegnati all’eternità. Così come è successo a Gesù. Le parole che sta dicendo alla folla diventeranno vita vissuta sulla croce. E la morte non sarà l’ultima parola.
Nel giorno della commemorazione dei nostri defunti questo momento diventa un’opportunità reale. Pensando ai nostri cari che non ci sono più, può capitare che li ricordiamo con commozione: ricordiamo con tenerezza qualche loro bella qualità e siamo disposti a perdonare i loro difetti o il male che ci hanno fatto. Li vediamo come trasfigurati. Quello è il momento della nostra risurrezione: il nostro sguardo si ammorbidisce e il nostro cuore ritorna capace di amare. È il dono che loro ci fanno, partecipando di fatto pienamente alla nostra esistenza, concorrendo alla nostra salvezza.
Ma è anche il momento della loro resurrezione: le qualità umane che appartenevano a loro e che ci stanno consegnando chiedono di essere assunte e agite. Così loro continuano a esistere attraverso la nostra vita e noi diventiamo più umani. In questo scambio, loro compiono la loro esistenza come donazione totale e noi cresciamo nella nostra capacità di amare. Ed è così che l’umanità si sedimenta ed evolve di generazione in generazione.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Ricorda una tua persona cara defunta.
Quali qualità questa persona ti rievoca?
In che modo questa qualità senti abita dentro di te?
Con quali altre persone intorno a te puoi agire questa qualità?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
2
Novembre
2022
Di generazione in generazione
commento di Gv 6,37-40, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ