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Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
Giuseppe Ungaretti
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 18,9-14)
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Mi lascio ispirare
Due uomini occupano lo spazio del racconto di Gesù. Sono entrambi collocati all’interno del tempio, luogo di culto che potrebbe suggerire pensieri di incontro; eppure sono distanti. Il primo, un fariseo, tiene lo sguardo fisso su quelle che ai suoi occhi appaiono possibilità diventate poi successo grazie al proprio lavoro. Ha faticato immergendosi nelle possibilità di bene che intravedeva e ora si pone nello spazio separato da altri: le possibilità realizzate, secondo la sua prospettiva religiosa, diventano ragioni valide per escludere altre persone e escludersi dall’occasione di pensarsi umano legato ad altre e ad altri per il solo fatto di essere tale, appunto umano.
La mia relazione con la religione può diventare un appuntamento in una torre d’avorio, dall’alto della cui finestra mi affaccio e saluto le persone ponendo una distanza infinita. E a essere escluso sono io: più che umano con altre e altri, mi scopro privato della comunità.
Il secondo uomo è un pubblicano: l’uomo che mendica vita ai margini della retta via. Almeno così sembra. Ha il capo chino, si batte il petto. È capace di porsi in ascolto del limite: si scontra con un’esperienza di confine che, piuttosto che provocare una chiusura autodistruttiva, lo apre al dialogo con un tu. Forse, dal fondo del tempio, oltre che conversare con Dio, avrà pregato anche per il fariseo. Il confine è un fiume che, mentre lo guado, mi fa capire che non vivo da solo.
Possibilità che si dischiudono senza invadere tutto lo spazio, possibilità che incontrano il confine sono i lineamenti che descrivono l’appuntamento con un’umanità condivisa.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali possibilità di bene ti hanno accompagnato a sperimentare un’umanità condivisa?
Quali esperienze di confine ti hanno aiutato ad aprirti al dialogo, alla relazione?
In quale luogo della tua vita scorgi nuove possibilità di bene?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
23
Ottobre
2022
Comunità: possibilità e confine
commento di Lc 18,9-14, a cura di Carmine Carano SJ