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Maybe I didn’t hold you all those lonely, lonely times
and I guess I never told you “I am so happy that you’re mine!”.
If I made you feel second best, I’m so sorry I was blind.
You were always on my mind.
Forse non ti ho stretta in tutti quei momenti di solitudine
e credo di non averti mai detto “Sono così felice che tu sia mia!”.
Se ti ho fatta sentire al secondo posto, mi spiace: sono stato cieco.
Tu eri sempre nella mia mente.
Mark James, Wayne Carson e Johnny Christopher per Elvis Presley‚ Always on my mind
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 11,5-13)
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: «Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli», e se quello dall’interno gli risponde: «Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani», vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
Mi lascio ispirare
Oggi si parla di preghiera e di vita di preghiera con una parabola e con l’immagine del rapporto tra genitore e figlio. Possiamo ben dirlo, è spiazzante: dà per certo ciò che l’esperienza quotidiana non verifica, pone come certo l’effetto, la cui assenza è invece per tanti motivo di scandalo e ragione di sfiducia se non di abbandono della fede. “Chiedi e ti sarà dato”. Ma è proprio così? Quasi mai è così! Oppure no?
La parabola sembra non sottolineare tanto il risultato, quanto le insistenze, la perseveranza, la continuità della richiesta. Più che vita di preghiera, l’immagine dell’amico che bussa in tempi inopportuni è allora icona di vita nella preghiera.
È esperienza umanissima, quella del chiedere. Nei nostri tempi contagiati dalla velocità e dalla virtualità dei contatti immediati, delle risposte in millesimi di secondo dei motori di ricerca, abbiamo forse perso l’esperienza della ripetizione, che comporta lentezza e affidamento, incertezza e trasformazione.
Noi chiediamo al Signore, ma siamo sempre consapevoli di ciò che gli chiediamo, di ciò che comporta ottenere ciò che chiediamo? Vogliamo la magia che risolve problemi senza cambiamento, in noi e intorno a noi? Oppure chiediamo, accettando la fatica e la sfida della trasformazione che ci coinvolge?
Chiedere non una ma cento volte purifica i nostri cuori, svela le incoerenze che vi si annidano, rende autentici e perciò umili, dà la consapevolezza che non stiamo acquistando qualcosa su internet, ma stiamo ricevendo un dono. Che ci trasforma.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Che cosa ti sta a cuore in questo periodo della tua vita?
Che cosa chiederesti al Signore, per te o per altri, in questo momento di vita?
Come ti trasformerebbe o cambierebbe la tua vita quotidiana ottenere ciò che chiedi al Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
6
Ottobre
2022
Non una ma cento volte
commento di Lc 11,5-13, a cura di Diego Mattei SJ