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Il mio nome dillo piano,
lo vorrei sentire sussurrare adesso che ti sono vicino.
Biagio Antonacci, Iris (tra le tue poesie)
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 10,1-7)
In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».
Mi lascio ispirare
“A cosa sono chiamato?” Non vi è mai accaduto di formulare tra voi e voi questa domanda e attendere che una voce dall’intimo del cuore scandisse chiara e netta la risposta? E rimanere vagamente delusi di fronte al silenzio concentrato e un po’ laborioso scavato nella quotidianità rumorosa? “Ma allora cosa devo fare? Medico, insegnante, ballerina, pittore, prete?”
In realtà ciascuno di noi è chiamato e questa è la grandiosa e inaspettata buona notizia per le nostre vite. Ognuno di noi è chiamato dal Signore, così come Lui ha scandito i nomi dei Dodici. Possiamo immaginare la scena: Gesù chiama i dodici e si prende il tempo di pronunciare i loro nomi, ciascuno con la sua storia, con il suo fardello di pene e fatiche, forse di qualche misfatto, ma anche, al tempo stesso, con il personale carico di talenti e competenze, espresse e in divenire.
Gesù chiama, continua a chiamare. La lista dei Dodici, germe di Chiesa, si prolunga nell’elenco dei nostri nomi. E allora, come può risuonare la voce di Colui che è Vita nel momento in cui pronuncia il nostro nome? E sentire che siamo innanzitutto chiamati a essere noi stessi, a riempire di significato e bellezza il nostro nome.
E avvertire che l’una, la bellezza, e l’altro, il significato, si intrecciano con le vite di coloro che ci stanno accanto, perché tutti, ognuno distinto e unico, siamo chiamati dal Signore. Non v’è contraddizione tra l’una e l’altra, la chiamata personale e quella comune, perché siamo gli uni impastati degli altri, le une delle altre.
Così prendersi cura delle persone che ci stanno accanto, per il fatto stesso che ci stanno accanto, “a prescindere” dal legame affettivo che ci unisce a loro, è curare il pezzo di mondo nel quale viviamo, è agire con gentilezza e compassione, gioendo della vita che sboccia e cresce negli altri. È vivere la Parola che invita a integrare e guarire.
A cosa sono chiamato? Io sono chiamato e questo basta!
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Immagina che Gesù pronunci il tuo nome: che cosa provi?
Condividi con altri il tuo nome, altri hanno il tuo stesso nome: che cosa ti piacerebbe lo rendesse particolare e distinto?
Quali sono le persone che compongono il tuo mondo quotidiano: parenti, amici, vicini di casa e poi… chi altro c’è?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
6
Luglio
2022
Io sono chiamato
commento di Mt 10,1-7, a cura di Diego Mattei SJ