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Io sono l’altro.
Sono quello che spaventa,
sono quello che ti dorme nella stanza accanto.
Io sono l’altro,
puoi trovarmi nello specchio,
la tua immagine riflessa, il contrario di te stesso.
Io sono l’altro,
Sono l’ombra del tuo corpo,
sono l’ombra del tuo mondo,
quello che fa il lavoro sporco
al tuo posto.
Nicolò Fabi, Io sono l’altro
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 9,46-50)
In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande». Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».
Mi lascio ispirare
La discussione che nasce tra i discepoli su chi fosse il più grande non ci è estranea.
Anche se a volte riusciamo a nasconderlo, ogni volta che c’è qualcuno accanto a noi tendiamo a misurare il suo valore e a compararlo a quello che noi pensiamo di valere. Il più delle volte da questi paragoni ne usciamo perdenti, perché ci misuriamo su quelle caratteristiche di noi su cui ci sentiamo più insicuri e vediamo che ciò che a noi manca negli altri invece abbonda. È da qui che nasce un senso di inadeguatezza e di tristezza da cui facciamo fatica a liberarci. A volte invece da questi paragoni usciamo vincitori: capita di dirci che siamo più belli, simpatici, intelligenti di altri. Allora ci riempiamo di superbia, giudicando duramente dentro di noi la persona che abbiamo davanti․․․ fino a che non troviamo uno migliore di noi (perché c’è sempre uno migliore di noi), e la tristezza torna.
I paragoni creano in noi tristezza e superbia, sempre, perché il problema non sono io o l’altro, è il fatto in sé di fare paragoni. Sono uno degli strumenti più usati dal nemico perché se ne esce sempre perdenti, carichi di sentimenti negativi. Il paragone trasforma l’altro in un avversario da cui difendersi e contro cui competere per vincere un premio che non esiste.
Il genio di Gesù è quello di mettere in mezzo un bambino facendo interrompere la competizione, perché chi mai penserebbe di entrare in competizione con un bambino? Gesù sa che se salta la competizione non esistono più avversari da vincere, lo sguardo si libera dal giudizio e ciò che manca all’altro non è più motivo di superbia ma invito a mettermi al servizio, alla vicinanza. Lo sguardo libero fa abbassare le mie difese e mi fa guardare alle mie imperfezioni come a quello spazio vuoto che ha bisogno dell’altro per essere completato.
Questo è il frutto dello Spirito: mostrarmi che l’altro non è un nemico da schiacciare, ma colui che se accolto mi rende pienamente me stesso.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quali situazioni tendo a fare più paragoni?
In quale luogo della mia vita mi sembra di avere dei nemici?
Quali difese affido oggi al Signore, perché le abbassi rendendomi più libero?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
27
Settembre
2021
Senza paragoni
commento di Lc 9,46-50, a cura di Leonardo Vezzani SJ