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Emerge in queste poche righe uno dei significati preponderanti della visione classica della giustizia: occupare il proprio posto nella società, nel mondo, mettendo a disposizione le proprie capacità per il bene comune, realizzando così sé stesso.
Giovanni Cucci
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 9,1-6)
In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.
Mi lascio ispirare
Gesù invia i discepoli, che si trovano di fronte a due compiti: annunciare il Regno e porre un limite al male. I discepoli sperimentano la sospensione del viaggio. Sono sospesi. Il viaggio domanda l’esigente scelta di rinunciare al denaro, alla sacca, al bastone, a un secondo vestito. Si trovano faccia a faccia con la decisione di rinunciare al possesso rassicurante, che pare abbia il potere di garantire il futuro. Rinunciano, e il viaggio si trasforma in un’esperienza di nudità. Portano soltanto ciò che serve nel presente. Sono nudi, privi di assicurazioni: sono un’immagine che può parlare alla mia vita.
I discepoli provocano i ricordi e mi conducono a fare memoria dei momenti in cui ho sperimentato la nudità: non possedevo garanzia alcuna al di fuori del presente immediato. Il discepolo viaggiando fa esperienza di annunciare il Vangelo ad altri, viaggiando fa esperienza di incontrare sé stesso. Anch’io, sperimentando la nudità, l’assenza di assicurazioni, ho fatto esperienza di incontrare me stesso.
Il viaggio disarmante, come sosterrebbe Proust, mi ha donato uno sguardo nuovo sugli altri e su di me. Il viaggio disarmante si è rivelato un cammino verso quel porto sconosciuto, che ero io stesso, che era quella regione della mia umanità. Il viaggio è un fatto degli occhi, che chiama a rapporto l’intera esistenza. Mi conduce verso l’umanità delle persone che mi trovo di fronte, con cui mi relaziono. Mi conduce alla consapevolezza di appartenere a una condizione umana condivisa, che accomuna, che avvicina. Siamo umani perché siamo capaci di prossimità vicendevole.
Il viaggio è duplice: andare verso gli altri e andare verso sé stessi.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quali occasioni ho sperimentato la nudità, l’assenza di garanzie?
Nei frangenti di nudità, cosa ho incontrato degli altri e cosa ho incontrato di me?
Quale “viaggio” mi ha donato uno sguardo nuovo?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Settembre
2021
Un’esperienza umana che avvicina
commento di Lc 9,1-6, a cura di Carmine Carano SJ