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L’eroe, fin dalla mitologia greca, è colui che sa compiere azioni straordinarie per raggiungere il grande bene, o per sconfiggere il grande male. E così finisce per imporsi e dominare una concezione titanica della vita (...).
Al contrario la joie de vivre non rincorre nulla di eroico, si limita a volersi inserire nel flusso della natura, quasi a coglierne i ritmi, l’armonia, la banalità. Come il saggio che non vuole sconfiggere il mondo, ma semplicemente mantenerlo.
Vittorino Andreoli, La gioia di vivere
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 6,43-49)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».
Mi lascio ispirare
Il messaggio di Gesù sembra piuttosto semplice. Se non vogliamo rischiare di incorrere nella nostra distruzione, è importante ascoltare e mettere in pratica le sue parole. Dal nostro cuore traboccherà così un buon tesoro e il nostro sarà coerentemente un buon frutto.
Ma come si traduce questo nella nostra vita?
Ascoltare. La parola di Gesù è la parola di salvezza. Va oltre il ciò che troviamo scritto, prende vita attraverso la nostra carne, cresce man mano che la ascoltiamo. Se teniamo l’orecchio del nostro cuore aperto, possiamo renderci conto di come, nella vita quotidiana, questa parola venga a trovarci continuamente. La consapevolezza è il requisito di base. Il discernimento è l’arte di riconoscerla.
Allineamento di valori e azioni. Non si può vendemmiare uva da un rovo. Se desidero l’uva, dovrò coltivare una vite. Solo quando le nostre azioni sono allineate ai nostri desideri profondi, sono in grado di produrre il frutto che desideriamo.
Talvolta giudichiamo alcuni desideri o alcune azioni come sconvenienti o perfino sbagliate. Allora cerchiamo di realizzare desideri e azioni che la società ci fa ritenere migliori. In questo modo non diamo importanza a ciò che per noi è di valore, e le nostre azioni non sono in grado di far fruttare il tesoro che sopprimiamo in noi. L’insoddisfazione che ne deriva è quella che ci porta al “Signore, Signore”, pronunciato a volte in maniera vittimistica, altre volte con rabbia e aggressività.
Gesù oggi ci chiama alla nostra autenticità, che passa per la consapevolezza di ciò che viviamo, per l’ascolto di ciò che parla in noi e per le azioni che sono in grado di far fruttare il tesoro che ci è stato affidato.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando una parola, un gesto, un’immagine ti hanno colpito profondamente?
Quali pensieri ed emozioni hai sentito in quella circostanza?
In che modo hai agito di conseguenza? Che cos’hai provato in seguito?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
11
Settembre
2021
Invitati all’autenticità
commento di Lc 6,43-49, a cura di Ettore Di Micco