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L’universo non ha un centro,
ma per abbracciarsi si fa così:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente,
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l’altro.
Chandra Livia Candiani
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 5,21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
Mi lascio ispirare
La donna che soffriva di continue emorragie è salvata dall’atto di toccare Gesù, così come la bambina ritrova la vita quando Gesù la prende per mano. Due miracoli così diversi segnati dall’importanza del contatto. Toccare è un gesto la cui importanza spesso ci sfugge.
Pensiamo a quando siamo sul’autobus e per caso sfioriamo il corpo di qualcun altro: ci ritraiamo con un salto esprimendo abbondanti scuse. Questo accade proprio perché il tatto è scambio, intimità. Un abbraccio, un bacio, il semplice prendersi per mano comunicano il desiderio di vicinanza. Percependo la presenza dell’altro in maniera fisica o toccando qualcuno gli chiedo di partecipare della mia vita, di sentire i difetti del mio corpo sapendo che non sono qualcosa da nascondere. Ecco da dove nasce l’imbarazzo dello sfiorarsi casuale negli ambienti pubblici: queste non sono cose che si chiedono ad un estraneo!
Gesù lasciandosi toccare e toccando prende sul serio la sua umanità e chiede di entrare nella vita dell’altro e che l’altro entri nella sua. Non è un Dio che sta su un trono inarrivabile, ma un Dio che chiede e vuole dare intimità. Vuole che partecipi e impari da lui il suo modo di toccare ed essere toccato dal mondo.
Anche quando sulla croce l’essere toccato diventa violenza, sopraffazione, lacerazione, Gesù si lascia toccare trasformando la violenza che subisce in accoglienza incondizionata di coloro che non cercano intimità ma distruzione. Proprio perché l’amore di Dio è proprio questo cercare intimità anche nel momento in cui le guardie si esprimono con la violenza. Anche il risorto chiederà di essere toccato, perché questo desiderio di comunione intima con l’uomo non viene sconfitto dalla morte.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quanto intimamente ti senti “toccato” dal contatto fisico?
Dove desideri che si posi la mano del Signore?
Cosa gli chiedi, sfiorandogli le vesti?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
27
Giugno
2021
L’importanza del contatto
commento di Mc 5,21-43, a cura di Leonardo Vezzani SJ