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Sei Tu la forza oscura
nascosta in questo seme,
sei Tu la vita chiara
che nell’intimo m’infiora.
Nicolò Mazza
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 21,20-25)
In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
Mi lascio ispirare
Oggi ci troviamo davanti da due misteri: il mistero del futuro del discepolo amato e il mistero della vita di Gesù.
Pietro e altri discepoli hanno incontrato il Risorto. Pietro è accanto al Signore, e sono seguiti da un discepolo senza nome. È l’innominato. Viene identificato mediante ciò che ha fatto durante l’ultima cena, quando ha domandato chi fosse il traditore. Pietro vuole scoprirne l’avvenire. Cosa sarà di quest’uomo, così intimo a Gesù? La risposta del Risorto è una domanda, seguita dall’esortazione a seguirlo. Pietro rimane senza chiarimento alcuno. Gli è chiesto di seguire, e basta.
Quel discepolo misterioso è senza nome. Interpreta il ruolo di uno specchio: riflette il mio nome. Quel discepolo evoca lo spazio lasciato libero a pochi centimetri dal cuore e dalle gambe di Gesù, spazio che io posso abitare. Quel discepolo è misterioso. Riflette il mio mistero. Nel momento in cui mi guardo con attenzione, mi riconosco e al tempo stesso mi sperimento come straniero, come mistero, come novità.
Il secondo enigma. L’autore precisa che se tutte le gesta del Signore fossero scritte, il mondo non basterebbe a contenere i libri. Gesù ha compiuto cose che non sono state narrate. La vita del Signore è composta da spigoli misteriosi, che non conosco. Gesù è il Dio familiare e al tempo stesso straniero. Lo conosco, eppure mi sfugge, eccede, è un passo dopo tutto ciò che credo di saperne.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quali occasioni ti capita di soffermarti a guardare e ad assaporare il mistero che sei a te stesso/a?
In cosa hai gustato la presenza del Signore come eccedente e misteriosa?
In cosa invece senti il Signore familiare e vicino?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Maggio
2021
Abitare e gustare il mistero
commento di Gv 21,20-25, a cura di Carmine Carano SJ