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Ogni parola partecipa della infinità di Dio e [...] egli la può rendere accessibile in modo che le nostre parole la possano comunicare.
Adrienne von Speyr
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 4,43-54)
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
Mi lascio ispirare
Credere․․․ mica facile. Soprattutto quando si tratta di credere alla parola di qualcuno. L’episodio raccontatoci da Giovanni ci presenta questo funzionario del re che sì, ha sentito parlare di Gesù, forse lo ha visto anche operare (non lo sappiamo) e ora gli chiede un intervento a casa sua per il figlio gravemente malato. Un atto di coraggio, indubbiamente.
Ma che Gesù porta subito ad un livello assai più profondo di fede: fidarsi della sua parola, credendo che possa inverarsi. E questo non è per niente facile. Non ci viene detto altro, se non che si mise in cammino credendo a quella parola: una bella scommessa, che avrebbe potuto anche rivelarsi una macabra presa in giro․․․ eppure si fida.
Proprio lungo quel cammino che lo riporta ai suoi affetti, gli viene annunciato che suo figlio vive. E si rende conto che ciò è avvenuto quando Gesù lo ha assicurato della vita del figlio. Quella parola di vita e il suo affidarsi ad essa hanno compiuto il segno. Per noi che il Signore Gesù non lo possiamo incontrare fisicamente la sfida della fede è la stessa, se non ancora maggiore: credere che quella parola – la Parola – che ci viene proposta possa ancora oggi cambiare il corso di una vita, smuovere cuori, generare fraternità․․․ ovvero segni di risurrezione.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quale parola mi parla di vita?
Cosa mi impedisce di credere, in questo momento?
In quale luogo della mia vita mi sento chiamato a incontrare il Signore?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
15
Marzo
2021
Credere sulla parola
commento di Gv 4,43-54, a cura di Lino Dan SJ