Ph. Copyright: Simon St.Laurent -
Quello che non ho è quel che non mi manca.
Fabrizio De Andrè, Quello che non ho
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 5,43-48)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Mi lascio ispirare
Queste poche parole ci mettono in difficoltà. Ci chiedono di amare i nemici, obiettivo che, a ben vedere, è fuori dalle nostre forze; a volte è difficile amare gli amici, i parenti, le persone a cui dovremmo volere bene, figuriamoci se possiamo amare le persone che ci hanno fatto male volontariamente. Impossibile.
Eppure il Vangelo si spinge ancora più in là e ci dice di essere perfetti come il Padre. Qui davvero chiudiamo la Bibbia e andiamo a farci una passeggiata. Se magari il pensiero di amare i nemici ci può sfiorare – anche solo per un attimo – la testa, la perfezione del Padre è fuori questione. Non ci hanno sempre detto che non è possibile essere perfetti?
Per fortuna ci viene in aiuto il testo originale in greco. Infatti la parola che traduciamo – giustamente – con “perfetto” ha un significato più ampio e indica anche ciò che è “maturo”, “compiuto”. Non si tratta quindi di una perfezione fuori dallo spazio e dal tempo, ma della migliore disposizione interiore che posso vivere per quello che sono oggi.
Le esperienze che facciamo ci fanno maturare giorno dopo giorno ed è in quell’oggi in cui sono un po’ più maturo di ieri che sono chiamato ad essere perfetto. In questo senso va interpretata, credo, la mia apertura all’amore del nemico. Posso amare oggi il mio nemico con un amore trasparente e libero dal rancore così come farebbe il Padre? No? Bene, allora posso chiedermi: «come posso dare quel po’ di amore che porto dentro senza che sia travolto dal rancore che ho verso i nemici?».
Non mi viene chiesto di dare quello che non ho, però quello che ho sono invitato a darlo. Perché è questa la maturità: vivere al meglio ciò che posso fare e accogliere con benevolenza ciò che ancora non posso fare. Quello che mi manca per raggiungere quell’amore trasparente del Padre quindi non deve essere occasione di giudizio negativo su di me, ma ciò che indica una direzione. Niente di più.
Nella perfezione che ci chiede il Vangelo non si tratta di dare il massimo, si tratta di dare il meglio.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
A quale meglio mi sento chiamato oggi?
Quando mi è capitato di amare un nemico?
Cosa mi impedisce di dare l’amore che ho?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
27
Febbraio
2021
Quello che sono oggi
commento di Mt 5,43-48, a cura di Leonardo Vezzani SJ