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La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta.
Theodor W. Adorno
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 5,1-20)
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare. I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
Mi lascio ispirare
Una cosa è certa: vogliamo essere liberi! Ogni volta che qualcuno attenta al nostro anelito di libertà soffriamo e ci ribelliamo. La libertà è un’operazione della nostra coscienza. Ha a che fare con la capacità di trasformare la propria intenzionalità in azione concreta per poter affermare la propria unicità nel mondo. Per essere liberi abbiamo bisogno sia di un’attitudine interiore, l’intenzionalità appunto, ma anche del mondo, ovvero del contesto in cui esercitare questa intenzionalità. La libertà non è un valore in se stessa, assume significato dentro il mondo. Quando manca uno di questi due ingredienti, la libertà viene a mancare. Finiamo come l’uomo con lo spirito impuro che si percuote il petto con le pietre o che deve stare incatenato per non fare del male.
Il problema è che a volte avvertiamo la nostra intenzionalità in opposizione al mondo in cui viverla. Allora ricorriamo al compromesso. Un colpo al cerchio, un colpo alla botte: un po’ di intenzionalità, un po’ di accondiscendenza. È così che impariamo a indossare delle maschere. Ti è mai capitato di accorgerti che con persone diverse ti comporti in modo diverso? Come se dentro di te ci fossero diverse personalità, ciascuna con il suo carattere particolare, che nelle diverse situazioni entrano in gioco e generano comportamenti diversi? Così a volte siamo compiacenti, altre volte inflessibili, talvolta precisi e pignoli, altre volte approssimativi e superficiali, con alcuni siamo rigidi e severi, con altri siamo indulgenti e teneri. E poi finisce che ci abituiamo a indossare maschere e non riusciamo più a riconoscere la nostra vera identità. «Qual è il tuo nome?» Ecco la domanda che ci mette in crisi․․․
Finché ci identifichiamo con una maschera particolare per volta, non possiamo prendere contatto con chi siamo veramente. Quando prendiamo distanza dalle maschere che indossiamo e le osserviamo da fuori, ci accorgiamo di quanto sono grottesche, inadeguate per rendere rivelare chi siamo veramente, inadatte per sentirci davvero liberi.
Quando ci liberiamo di una maschera, impariamo a stare nel mondo a partire da ciò siamo realmente. Non abbiamo più bisogno di scendere a compromessi. Non servono più catene per tenerci a bada, perché ritorniamo “sani di mente”. Impariamo a essere noi stessi dentro il mondo: quando questo accade, stiamo amando. La nostra intenzionalità si trasforma in amore, il potere più potente che possiamo esercitare sul mondo. L’amore è capace di rompere le regole trascendendole e questo a volte fa paura al mondo, perché smaschera la sua ipocrisia, appunto․․․
È qui che comprendiamo come la libertà che diventa amore è anche responsabilità da assumere di fronte al mondo.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quali ambiti ti senti libero/a in quali no? Lì dove ti senti libero/a stai indossando maschere?
Pensa ai contesti quotidiani in cui non ti senti libero/a. Quali diverse maschere indossi per salvare la faccia?
Hai mai sperimentato la frustrazione di un complimento fatto a una tua maschera anziché al tuo vero io?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
1
Febbraio
2021
Libertà senza maschere
commento di Mc 5,1-20, a cura di Flavio Emanuele Bottaro SJ