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Farla non puoi, la vita,
come vorresti? Almeno questo tenta
quanto più puoi: non la svilire troppo
nell’assiduo contatto della gente,
nell’assiduo gestire e nelle ciance.
Konstantinos Kavafis, Quanto più puoi
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 6,45-52)
[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.
Mi lascio ispirare
Questo episodio del Vangelo potrebbe concludersi in maniera trionfale con la frase «E salì sulla barca con loro e il vento cessò».
Ma questo libro non è la storiella oggettiva e semplificante di un Dio che si avvicina e ci salva d’un botto; è la storia di una relazione – ora riuscita, ora fallimentare – fra il Signore e i suoi amici. Il racconto di questa buona notizia è realistico proprio perché davanti a Gesù presenta degli uomini pieni di dubbi, confusioni, paure…
Non è difficile pensarci lì, insieme ai discepoli, su quella barca. L’ultima inquadratura non è su Gesù che placa la tempesta e sale a bordo, ma su ciò che sta succedendo interiormente a ognuno di noi spettatori; l’espressione che descrive questo stato d’animo si potrebbe tradurre dal greco «erano sconvolti, completamente fuori di sé». Non importa quanti miracoli ci si parano davanti gli occhi nella vita: se continuiamo a voler controllare tutto saremo sempre soltanto impauriti e infastiditi da ciò che non riusciamo a spiegare (come i discepoli davanti a Gesù che cammina sull’acqua in mezzo alla tempesta); se ci lasciamo stordire e indurire dalla quotidianità rimarremo sempre indifferenti (come i discepoli con il miracolo dei pani).
C’è solo un modo per aprirsi ai miracoli, per riconoscere nelle svolte faticose e apparentemente casuali della nostra vita il senso più bello che si va dispiegando: rientrare dentro noi stessi. Ce lo insegna Gesù, che dopo lunghe ore di predicazione sente il bisogno di ritrovarsi da solo col Padre. È soprattutto in momenti come questi che ci viene data la luce per rileggere il resto della giornata. Non smettiamo di chiederla e questo sguardo nuovo cambierà anche le nostre azioni.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In che modo il silenzio e la solitudine di questo periodo possono per me essere un’opportunità?
Quali doni oggi posso chiedere al Signore di riconoscere nella mia vita?
Quali reazioni negative il suo sguardo nuovo può aiutarmi a trasformare in azioni?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
9
Gennaio
2021
Riesci a vedere le cose come sono davvero?
commento di Mc 6,45-52, a cura di Comunità Centro Poggeschi