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Più che recitare preghiere, credo sia importante “essere” preghiera.
Max Gazzè
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 18,1-8)
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Mi lascio ispirare
Penso alla testimonianza di un gesuita, padre Mario Picech SJ, che in un carcere di massima sicurezza si è sentito rivolgere queste parole da un detenuto in isolamento: «Mi dia qualcuno per cui pregare». Che è come offrire in dono per un altro tutto quello che resta, il tempo, se stessi? Combattere al posto di un altro per la sua vita, ci fa capire che davvero non siamo altro che questo: quello che possiamo dare. Siamo relazione, siamo preghiera necessaria, fuori da questa relazione è la morte dell’anima.
Nell’insistenza della vedova possiamo sentire questo grido che è un po’ anche il nostro: «Tu puoi liberarmi, perché non lo fai?», richiama il giudice alla sua responsabilità, che è appunto, fare giustizia. Non trova umiliante mendicare la sua richiesta a un uomo che non si cura di lei? Mette in conto che questo giudice ingiusto possa non esaudire la sua richiesta di essere liberata dal peso che la opprime, ma continua a chiedere. Diventando inopportuna, finché non viene esaudita. È una donna che ha perso il suo sposo, non le resta altro, sembra che questa mancanza la definisca, ma non è così. Le resta questa grande libertà di chiedere.
Come per quell’uomo in carcere, in questo poter chiedere e donare sta tutta la nostra libertà e dignità come esseri umani, come figli di un unico Padre. In questo poter litigare con il Signore, stare in piedi, lottare, entrare in un corpo a corpo in cui lui si lascia vincere, finiamo per arrenderci all’amore, pregare è lotta e resa.
Di certo ne usciamo ogni volta diversi, un passo avanti o indietro, non importa, l’importante è stare in questa immensa preghiera che è la vita. C’è però il rischio di immaginarcelo proprio così, il Signore, come questo giudice distante e indifferente al nostro grido. E questo ci incattivisce, ci rende insofferenti, sembra di sprecare tempo, mettiamo in dubbio il suo modo di fare, iniziamo a chiederci se per caso non stia giocando con le nostre vite. Gesù ci mette in guardia proprio da questo modo di vedere il Signore. Avere fede è credere in un Dio che si fa trovare pronto, capace di reggere il nostro peso quando serve, a cui possiamo affidare tutto, ma di cui riusciamo ad amare anche i “no” come risposta. Solo questo incontro/scontro tra due libertà, tra due desideri, ci può restituire alla vita.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando diventi preghiera?
Come vivi le attese a cui la vita ti sottopone?
Quali “no” ti hanno rivelato chi sei, ciò che desideri veramente?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Novembre
2020
La libertà o la necessità di chiedere
commento di Lc 18,1-8, a cura di Caterina Bruno