- aivas, Watching the stars (on Flickr)
Stasera, dinnanzi alla prima stella, stavo per farmi, istintivamente, il segno della croce.
Antonia Pozzi
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 1,47-51)
In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
Mi lascio ispirare
«Signore, come mi conosci?», chiede Natanaele, che da studioso della Torah, forse pensava di sapere tutto di quel messia, di quella promessa di Dio al suo popolo, e invece, di fronte a lui, non sente più di conoscere, ma di essere inspiegabilmente conosciuto. Turbato forse, oppure trepidante di attese già gravide della professione di fede con cui esploderà nei prossimi versi, gli domanda: «Da dove attingi la conoscenza della mia persona?».
Gesù dice di averlo visto, di averlo visto “prima”.
Prima di tutti questi eventi, prima del suo coinvolgimento nella comunità dei dodici, prima che Filippo andasse da lui, lo chiamasse e gli dicesse: «Vieni e vedi! Abbiamo incontrato colui di cui Mosè ha scritto nella legge!». Gesù dice di averlo visto sotto l’albero di fichi, un albero dai frutti buoni, alla cui ombra si poteva trovare riparo. E probabilmente era alla sua ombra che Natanaele si sedeva per studiare ogni iota, ogni verso della scrittura, chiedendosi cosa potesse significare per la sua vita, alimentato dal suo grande desiderio di pienezza, di qualcosa di più grande.
Perciò: «Come mi conosci, Signore?».
«Dal tuo desiderare», risponde Dio. Dal movente profondo delle tue azioni, da quel desiderio che ai suoi occhi ci distingue, da ogni altro scriba, da ogni altro scrutatore della scrittura, da ogni altro cercatore di verità e di vita.
Natanaele si sente conosciuto nelle cose più grandi, e cose più grandi ancora gli vengono promesse: cielo aperto e angeli che salgono e scendono sopra i figli di Dio. Un accompagnamento, una cura e una dedizione costanti del cielo, per ognuno di noi.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Qual è l’albero di fichi sotto cui il Signore mi vede, sotto cui mi sono sentito conosciuto da lui?
Che effetto mi fa, che cosa mi lascia, questo “prima assoluto” di Dio, questo vedermi prima di qualunque cosa, di qualunque scelta o proposta che accade nella mia vita?
Che effetto mi fa questo “dopo”, invece, questa promessa di un cielo aperto per me?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
29
Settembre
2020
Le cose più grandi
commento di Gv 1,47-51, a cura di Elena Benini