Ph. Crowd, by Wayne Large (on Flickr) -
La nostra decenza, se ancora possiamo averne una, sta nel servire più che nel parlare e ognuno deve farsi servitore di qualcosa, di qualcuno.
Franco Arminio
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 23,1-12)
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato»
Mi lascio ispirare
“Predica bene e razzola male”, “da quale pulpito viene la predica!”
Sono tanti i modi di dire che abbiamo per sottolineare in qualcuno l’incoerenza tra i fatti e le parole. Spesso è difficile anche per noi: vorremmo che quello che diciamo aderisse perfettamente a quello che facciamo, eppure non sempre ci riesce. E forse per fortuna: quello che pensiamo e che diciamo non per forza va scolpito nella pietra, ma può essere ridetto, ripensato; possiamo cambiare idea, ascoltare gli altri, confrontarci con loro su nuove posizioni.
La fede stessa, se fatta di proclami assoluti, diventa facilmente fondamentalismo: un fardello pesante da portare che non riusciamo a sostenere, e che rischiamo di imporre anche agli altri. Voler seguire Gesù non significa diventare improvvisamente modelli perfetti di coerenza, non significa avere le opinioni più forti o quelle più geniali, non significa essere custodi del giusto, quelli che hanno la verità in tasca e sono pronti a sbandierarla davanti agli altri, o peggio a bandire crociate per difenderla. Non siamo chiamati a ergerci a guide e maestri che non sbagliano mai strada: siamo chiamati a costruire comunità di sorelle e fratelli che camminano insieme, forse a volte anche sbagliando un po’ direzione.
Una sola è la Guida, uno solo è il Maestro: un maestro che non carica di fardelli, ma che è il primo a caricarsi la croce sulle spalle.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quando provo l’ansia di dover apparire in un certo modo davanti agli altri?
Dove la mia fede si chiude nel fondamentalismo, invece di aprirsi all’ascolto?
Cosa delle mie incoerenze sento di voler affidare a Gesù, al suo sguardo di misericordia?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Agosto
2020
Da quale pulpito!
commento di Mt 23,1-12, a cura di Rete Loyola (Bologna)