Ph. Eleonora Cardarelli -
Ma poco a poco,
mentre ti lasciavi alle spalle le loro voci,
le stelle si sono messe a brillare
attraverso gli strati di nubi
e poi c’era una nuova voce
che piano piano
hai riconosciuto come tua,
che ti teneva compagnia
Mary Oliver, Il viaggio
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 16,13-19)
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Mi lascio ispirare
«Ma voi, chi dite che io sia?».
Non basta conoscere la voce degli altri, non basta sapere che per la gente Gesù è uno dei profeti, uno dei più grandi. Gesù ci ferma e ci chiede chi è lui per ciascuno di noi. Ce lo chiede con trepidazione, a dispetto di quel che dice la gente, di quel che dice il catechismo, di quel che dice la chiesa stessa. Non ci chiede di non sentire la voce degli altri, ci chiede di sentire la nostra voce tra le altre voci. Di riconoscerla e di esprimerla.
E saremo beati quando non lasceremo che la paura anticipi la nostra risposta, quando ce lo lasceremo rivelare dal Padre. Dovesse anche calare un lungo silenzio tra lui e noi, un lungo tempo necessario perché la nostra voce si alzi senza timore. Come fa Pietro, che a un tratto prende un respiro, rompe il silenzio, e dice: «Sei tutto ciò che Dio ha promesso al mio popolo! Tutto ciò che io spero!».
Gesù stesso aspetta, prima di chiedere. Aspetta di essere a Cesarea di Filippo, che non era solo una città pagana, ma tra le città pagane raggiunte, era la più lontana da Gerusalemme. Come se ci stesse chiedendo di parlare liberamente, di essere molto onesti con lui. Di guardarci negli occhi senza barriere, senza paura di essere giudicati, ma con la consapevolezza di potersi fare aiutare.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Come immagino Gesù chiedermi chi è lui per me? Che cosa sente nel farmi questa domanda? Quanto tempo ha aspettato prima di chiedere?
Quanto sento di poter sostare in quel silenzio, in quella pausa che prepara una risposta piena? In che modo riesco a convivere con l’incompiutezza dell’attesa?
Che cosa significa per me lasciarmi rivelare qualcosa dal Padre? Come posso dispormi, attraverso la preghiera e la comunità in cui vivo, perché questo avvenga?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
29
Giugno
2020
Tu che dici?
commento di Mt 16,13-19, a cura di Elena Benini