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Donaci occhi nuovi, Signore.
don Tonino Bello
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mt 7,1-5)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».
Mi lascio ispirare
C’è qualcosa di ingombrante nell’occhio che ci impedisce di vedere bene: con la vista offuscata, un po’ alla cieca, sentiamo comunque il bisogno di guardare alla cecità dell’altro, ai suoi difetti di vista, come se l’unica prospettiva giusta fosse la nostra.
Sul piano sociale, succede spessissimo, (e lo stiamo vedendo particolarmente in questi giorni): razzismo, omofobia, sfruttamento, discriminazioni: tutte ingiustizie che, se abbiamo il privilegio di non subire in prima persona, tendiamo a ignorare, o su cui sentiamo la necessità di affermare subito il nostro punto di vista e il nostro giudizio, prima di ascoltare l’esperienza dell’altro.
Succede anche con noi stessi: con la nostra storia, le nostre scelte, le nostre relazioni. La paura di misurarci con le difficoltà che abbiamo, di affrontare le situazioni che ci fanno stare male o ci mettono a disagio, ci spinge spesso a giudicarci e giudicare senza prima guardare veramente quello che sentiamo o proviamo. Ancora prima di aver guardato, sentito, ascoltato, siamo pronti ad ergerci a giudici, a dividere il mondo in buoni e cattivi, in giusto e sbagliato. Sul momento, questo ci fa stare bene: ci sentiamo dalla parte della giustizia, del buon senso, della ragione. Ma è un benessere effimero, che in realtà ci lascia solo più vulnerabili: giudicare crea divisioni e solitudine. Il giudizio che applichiamo agli altri, inoltre, è sempre pronto per ritorcersi contro di noi, mettendoci continuamente sotto accusa.
L’alternativa può nascere solo nel momento in cui sentiamo posato su di noi uno sguardo nuovo: uno sguardo che invece di giudicare, sia pronto a prendere la parola per noi, sia pronto a dire bene di noi; uno sguardo che si posi con amore sulle nostre incoerenze e che ci aiuti a togliere quella cosa fastidiosa che avevamo nell’occhio.
Togliersi la trave dall’occhio, in fondo, non significa far sparire magicamente tutte le fragilità che ci appartengono: significa solo riconoscerle e accoglierle, per avere occhi capaci di accogliere davvero l’altro, occhi capaci di guardarsi come fratelli e sorelle.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Qual è la trave nel tuo occhio?
Cosa fai per togliere la trave, per crescere e liberarti da uno sguardo giudicante?
Quando hai sentito posato su di te lo sguardo di Gesù?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
22
Giugno
2020
Qualcosa nell’occhio
commento di Mt 7,1-5, a cura di Rete Loyola (Bologna)