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Te ne sei accorto, sì,
che passi tutto il giorno a disegnare
quella barchetta ferma in mezzo al mare
e non ti butti mai,
te ne sei accorto o no
che non c'hai più le palle per rischiare
di diventare quello che ti pare
e non ci credi più.
Brunori Sas, La verità
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Gv 5,1-16)
Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Mi lascio ispirare
“Vuoi guarire?”
“Eh, ma…”
è quel ma che ci frega. Sono i molti ma della nostra vita, le molte porte che teniamo chiuse. Abbiamo più paura di quello che potrebbe esserci dietro che non di rimanere nella nostra situazione di malati, di perdenti, di eterne vittime. Una situazione che conosciamo bene, sappiamo starci, ci consola e ci giustifica. Ma sono fatto così, ma nessuno mi aiuta, ma c’è sempre qualcuno prima di me, ma non sono capace, ma non me lo merito.
Gesù, ancora una volta, cambia la prospettiva. Ci invita a guardare oltre tutti i ma e a lasciarci amare. E indovinate un po’? Il malato guarisce senza neanche entrare in piscina: ancora una volta non è la piscina – la soluzione che avevamo creduto noi – che ci salva, ma un incontro, peraltro sfuggevole, fatto di un attimo. Quei ma si sgretolano subito perché fatti di niente.
Non c’è nessun ma all’amore del Padre per ciascuno dei propri figli.
Il fatto è che non siamo abituati a tutta questa gratuità, a tutta questa misericordia, eppure è così che si guarisce: accogliendo, riconoscendo che, ogni giorno, siamo già graziati.
Tutto questo avviene in un istante e in mezzo alla folla festosa, che di quel malato non si era neppure accorta.
Avviene un miracolo e i bigotti cosa dicono? Non puoi farlo perché è sabato. Non si interrogano sulla storia che si sta dietro, sono troppo attenti a fare rispettare le prescrizioni, credendo forse che solo la formalità, l’esteriorità siano garanzia di salvezza. Anche il loro è un ma: se proprio ci tieni puoi guarire, ma non di sabato.
C’è ancora molta strada da fare, per questi cuori induriti.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Quali certezze ci tengono ancorati alla nostra barella?
In quali formalità ci perdiamo?
E tu… vuoi guarire?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
24
Marzo
2020
Chiuso il sabato
commento di Gv 5,1-16, a cura di Francesca Carraro