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«Senza ricordi, dicono, non può entrare. I serpenti non lo lascerebbero passare.»
«Ho conservato tutto io per lui», esclamò Atrieu, «tutto ciò ch’egli mi ha raccontato di sé e del suo mondo. Rispondo io di lui.»
Fùcur restò in ascolto. «Vogliono sapere con quale diritto lo fai.»
«Sono suo amico», disse Atrieu.
Michael Ende, La storia infinita
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Lc 10,1-9)
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».
Mi lascio ispirare
È più semplice camminare da soli, tenere conto solo del proprio ritmo nel passo; ci fa fatica doverci adeguare al passo di chi resta indietro, dover rallentare per lui. Ma il Signore ci raggiunge dove siamo, che sia avanti o indietro, e ci richiama a uno sguardo e a un passo condiviso sul mondo, ci manda a due a due proprio perché nessuno resti indietro o affronti da solo le insidie della strada. In quei settantadue ci siamo dentro tutti.
Lungo il cammino può capitare di perdersi e di dimenticare il proprio nome, di essere tentati di trasformarci in qualcosa di diverso da quello che siamo, di confondersi con i lupi. In quei momenti chi ci è accanto può ricordarci chi siamo veramente e aiutarci a restare fedeli a noi stessi, può farsi custode dei nostri ricordi, memoria per noi, testimone della nostra vita, da qui l’importanza dell’essere (almeno!) in due.
Siamo mandati ad annunciare proprio questo modo di stare in relazione, di chi prega perché il grano maturo dell’amico non marcisca ma diventi nutrimento per altri, di chi sa restare disarmato e indifeso di fronte alla violenza, di chi non ha bisogno di portare nulla perché porta solo se stesso, così com’è.
Possiamo capire il termine insieme se ci liberiamo dei sandali, di tutto quello con cui proteggiamo i nostri passi, e ci mettiamo al servizio dell’altro come se fosse questione di vita o di morte, senza lasciarci distrarre lungo la strada. Siamo chiamati a non spezzare la pace, a non pretendere quello che non possono darci, ma ad avere un passo leggero nelle case che sono le vite degli altri, a lasciarci accogliere e accogliere, nutrire e guarire, restando il tempo che serve ad aprire gli occhi su un regno che è già qui.
La buona notizia che portiamo non è una meta, è proprio questo andare davanti al Signore che sta per raggiungerci, in questo rincorrerci e aspettarci, farci vicini, camminando accanto come fratelli.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
Prova a rileggere la tua storia con gli occhi dei tuoi amici: chi sei?
Di cosa dovresti liberarti per camminare più leggero?
In quali momenti ti sei sentito lasciato indietro e poi raggiunto?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Febbraio
2020
Aspettami, vengo con te!
commento di Lc 10,1-9, a cura di Caterina Bruno