-
Veniamo rapiti quando un frammento di realtà ci chiama a uscire da noi stessi pur rimanendo in noi stessi, anzi appropriandoci del nostro io autentico più in profondità.
Alessandro D’Avenia, L’arte di essere fragili
Mi preparo
Chiudo gli occhi,
mi concentro sul momento presente,
libero la mente da preoccupazioni e pensieri,
esprimo interiormente il mio desiderio di stare alla presenza del Signore
Entro nel testo (Mc 1,21-28)
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafarnao,] insegnava. Ed erano stupìti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Mi lascio ispirare
C’è un uomo che si agita, insofferente, bisbiglia delle parole tra sé e sé, e a un certo punto di scatto si alza e si mette a gridare con tutto il fiato che ha in corpo contro il maestro. Dicono che sia posseduto da uno spirito impuro, uno spirito che parla di sé al plurale, forse ha tanti nomi: oscurità, dolore, rabbia… si vede che è spaventato e risentito, forse le parole che Gesù ha pronunciato lo hanno ferito.
Sa bene chi ha di fronte, è come se stesse dicendo: chi sei tu per farci questo, per dirci di cambiare vita, per dirci che è possibile farlo? Dà voce a tutte le nostre resistenze, a tutte le nostre contraddizioni interiori… Gesù gli comanda di tacere, lo libera da quell’inganno che lo possiede.
Anch’io sono quell’uomo: non mi ero reso conto di essere prigioniero. Ma tu con fermezza hai trasformato questa casa di preghiera, questa prigione che sono diventato, in un luogo di guarigione, in cui si fa verità, anche se vedere la verità destabilizza. Ma tu continui a ricordarmi che non sono chiamato a vivere la vita di un altro.
Tu sei qui per guarire quelle parti che ci dividono, che ci impediscono di fare un solo passo avanti verso una vita nuova. Tu sei qui per me Signore, la Parola che mi insegni sei Tu, e in questo darti mi restituisci a me stesso.
Immagino
Provo a visualizzare la scena, il luogo in cui avviene, i personaggi principali, le parole che si scambiano, il tono delle voci, i gesti. E lascio affiorare il mio sentire, senza censure, senza giudizi.
Rifletto sulle domande
In quale occasione, “rapito” da qualcosa, ti sei sentito a casa?
Cosa ti divide dentro?
Dove trovi la forza di essere fedele a te stesso quando la vita si fa dura?
Ringrazio
Come un amico fa con un amico, parlo con il Signore su ciò che sto ricevendo da lui oggi...
Recito un "Padre nostro" per congedarmi e uscire dalla preghiera.
14
Gennaio
2020
In ostaggio
commento di Mc 1,21-28, a cura di Caterina Bruno